L’intesa, firmata dal Partito maoista, dal Congresso nepalese, dal Partito comunista del Nepal (unificato marxista leninista) e dal Forum Madhesi, è stato definito dal primo ministro Baburam Bhattarai una “pietra miliare” verso la fine della crisi politica.

I principali punti dell’accordo prevedono l’integrazione di un terzo degli ex combattenti nelle file delle forze armate nazionali. Agli altri due terzi, che dovranno riconvertirsi alla vita civile, verrà versata una compensazione economica, di un valore compreso tra le 500.000 e le 800.000 rupie nepalesi (tra 5000 e 7000 euro circa). Le armi ancora in mano agli ex ribelli dovrebbero essere consegnate allo Stato, si attende entro un mese la creazione di una Commissione per la pace e la riconciliazione e si prevede la restituzione di terre confiscate dai maoisti durante la guerra ai legittimi proprietari.

Alcuni partiti minori hanno espresso riserve e critiche, mentre i sostenitori dell’accordo sottolineano che l’intesa ha portato a una soluzione di uno dei punti più discussi del processo di pace. Eletto a settembre, il primo ministro Bhattarai – il quinto capo di governo in cinque anni – rappresenta la speranza di uscire dalla paralisi che ha impedito finora la redazione di una nuova Costituzione.