Quando Evo Morales ha aderito alla Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, a maggio di quest’anno, ha detto: “Certo che siamo pronti a sostenere la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, esiste causa più importante?”. E, se ben guardiamo quello che ha realizzato in veste di Presidente e guida del processo boliviano, è facile rendersi conto che non si è trattato di parole al vento. Porta avanti leggi e posizioni che potenziano l’inclusione di tutti i settori in un progetto comune e ha scelto la nonviolenza come metodologia di azione.

Quante volte, per esempio, cedendo alle pressioni di una certa opposizione oligarchica e razzista, avrebbe potuto rispondere utilizzando la forza! Invece, anche quando sembrava che non ci fosse più alcuna via di uscita, ha sempre trovato soluzioni pacifiche.

Nel corso della costituente, buona parte dell’opposizione ha cercato di boicottare qualunque tipo di accordo, con il fine di scongiurare l’approvazione della Nuova Costituzione. Ha provocato scontri, cercando morti, per i quali responsabilizzare il governo di Evo Morales. Uno degli ultimi impegni ha avuto come protagonista la nuova legge elettorale. L’opposizione ha condotto allo stremo il Governo, tanto che il Presidente ha deciso di intraprendere lo sciopero della fame; sciopero che si è interrotto solo con l’approvazione della legge.

È vero che questa legge, che apre al diritto di voto per i boliviani residenti all’estero, interessa solo il 6% degli emigranti, per le condizioni che la parte minoritaria ha opposto in cambio della sua approvazione. Ad ogni modo, è un passo in avanti rispetto alla situazione precedente, oltre che un elemento in più di affermazione della democrazia.

In un altro articolo di questa nuova Costituzione, approvata tramite referendum circa un anno fa, si fa esplicito riferimento al rifiuto delle armi come metodo di risoluzione dei conflitti tra i diversi Paesi. È la prima Costituzione americana che include un articolo di questo calibro, annunciando un grande passo in avanti nelle relazioni tra i popoli.

In campo economico, una delle maggiori ricchezze naturali del Paese andino è rappresentata dagli idrocarburi. Lo sfruttamento era in mano a imprese straniere. Morales ha deciso di nazionalizzare questo settore, scatenando da un lato l’indignazione dei gruppi economici coinvolti, e dall’altro restituendo al Paese quanto gli appartiene, poiché ha utilizzato gli utili per migliorare le condizioni di vita dei settori più poveri (investendoli – per esempio – nella cosiddetta Ley de Renta Dignidad, che assicura una pensione minima a tutti i boliviani con più di sessanta anni). Non dimentichiamo che la Bolivia è uno tra i Paesi più poveri del continente americano.

Quando il MAS (Movimento per il Socialismo) è salito al potere, un’alta percentuale di boliviani era analfabeta. Il programma di alfabetizzazione, di cui oggi beneficia l’85% di popolazione, è uno dei punti di successo a livello sociale.

D’altronde, un tale avanzo democratico presuppone il riconoscimento delle diverse nazionalità del popolo boliviano! Questo che per definizione è uno “Stato Plurinazionale di Bolivia”, è già al lavoro per il riconoscimento delle diversità e dei diritti delle diverse etnie che compongono il Paese. L’implementazione dei mezzi necessari all’insegnamento delle diverse lingue è un passo verso la fine della discriminazione, della quale erano vittime quasi tutte le etnie e l’intera popolazione boliviana.

Evo Morales non ha dimenticato neanche coloro che risiedono all’estero. La difesa dei flussi migratori, grazie alla sua lettera-manifesto che denunciava la legislazione europea in materia di immigrazione – nota come “Legge della Vergogna” – si basa su un accordo profondo con la sua popolazione e con tutti coloro che si vedono obbligati ad emigrare, senza concedere agevolazioni di altro tipo.

Il fatto di riconoscere la libertà di culto, le differenze religiose, presuppone un rispetto per il credo più profondo tanto a livello personale quanto pubblico.

Quando le Nazioni Unite hanno nominato Evo “Eroe della Madre Terra”, lo hanno fatto per il suo lungo impegno a tutela dell’ambiente e della relazione armonica tra uomo e natura, la Pachamama.

Per concludere, è doveroso dire che queste ed altre posizioni sono state possibili poiché questo processo non risponde ad interessi personali. Evo rappresenta il volto di un movimento strutturato e largamente partecipativo che fonda le sue basi nella società e che non smette mai di relazionarsi con essa.

Speriamo bene che questa rivoluzione continui e diventi sempre più profonda nei propri obiettivi, cercando una riconciliazione profonda per ciascun boliviano e per il popolo nel suo complesso.

Lunga vita al processo pacifico e nonviolento che è iniziato in Bolivia ed è diretto da Evo Morales!