“Per definire il titolo di quest’anno siamo partiti dalla situazione che ognuno di noi stava vivendo: una forte destabilizzazione personale e sociale, unita alla preoccupazione per la crescita delle risposte violente e razziste” spiega Raffaella di Convergenza delle Culture, l’associazione promotrice di tutte le undici edizioni del Fjestival. “Così abbiamo cominciato a coinvolgere associazioni e artisti, mettendo come unici paletti la nonviolenza e il riconoscimento dell’essere umano come valore centrale. Non è stato facile – per lavorare insieme devi metterti in gioco e mantenere rapporti alla pari – ma a poco a poco si è delineato il programma e lo spirito che volevamo dare al Fjestival, poi sintetizzato nella frase: *I grandi cambiamenti nascono dal profondo dell’essere umano*. Abbiamo definito insieme gli eventi del programma, gli spazi e i nomi di personaggi famosi legati alle attività che si svolgevano nelle diverse aree – per esempio area John Lennon per gli eventi musicali, Pina Bausch per laboratori sull’espressione corporea e la danza, Lumiere per la proiezione di video e documentari, Silo per temi connessi al cambiamento sociale e personale e così via.
Ci interessava soprattutto trasmettere un’esperienza e permettere a chi partecipava a incontri, dibattiti, laboratori su temi artistici o educativi di aprirsi, comunicare con altri e sperimentare in modo diretto e concreto la ricchezza della diversità.
Tutto questo è anche un effetto dimostrativo incoraggiante per il futuro: l’apertura verso gli altri fa scomparire la paura e mostra che il cambiamento è possibile”.

Le testimonianze di Monica, Daniela e Massimo, giovani attivisti di Amnesty International, riflettono lo stesso spirito fin dall’organizzazione dello spazio: non una conferenza con gli oratori che parlano da dietro un tavolo e il pubblico seduto davanti, ma un grande telo verde steso sul prato e i partecipanti seduti in cerchio. Il titolo dell’incontro *Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità* diventa subito esperienza concreta: “Partecipare ad Amnesty per me è stato passare dall’indignazione all’azione e avere la possibilità di conoscere il mondo da un altro punto di vista” spiega Massimo. “Ormai questa è una scelta di vita.”
“Molti sostengono che una firma non serve a niente, ma ognuno può contribuire al cambiamento con il suo apporto, per quanto possa sembrare piccolo” aggiunge Daniela. “Gli incontri nelle scuole sui diritti umani danno la carica e l’energia per continuare. Per poter rispondere alle domande sui vari casi che presentiamo bisogna prepararsi e questo permette di conoscere le diverse situazioni e capire che cosa si può fare per cambiarle.”
Monica parla dell’emozione dell’incontro con Felipe, l’attivista messicano accusato ingiustamente di un omicidio per sbarazzarsi delle sue scomode campagne di denuncia e liberato in seguito a una vasta campagna di pressione e informazione. “Felipe mi ha dato una lezione semplice e profonda”, racconta. “L’unico modo di reagire all’impotenza e all’amarezza davanti a tante ingiustizie è fare quello che ti dice il tuo cuore e non preoccuparsi d’altro.”