Venerdì mattina l’incendio in un’azienda nel nord di Torino ha reso maleodorante l’aria in tutta la città: benché si tratti di un evento eccezionale, non è eccezionale il fatto che la qualità dell’aria nell’area metropolitana di Torino sia pessima per cause antropiche e naturali.

Di questo tema e di altri temi correlati si è parlato nel convegno “Ambiente, salute, servizi a misura d’uomo … non dell’economia!” tenutosi sabato scorso, 2 ottobre, nell’ambito del terzo festival della nonviolenza e della resistenza civile.

Enzo Ferrara introduce il convegno sottolineando il processo che ha legato il gruppo ambiente del forum in questi tre anni, processo che ha portato l’attenzione di quest’anno sul tema dell’inquinamento atmosferico che, per definizione, è senza confine; gli scienziati sempre più spesso lanciano allarmi sulla qualità dell’aria.

Luisa Memore, Medico dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment), nel suo intervento “Dati relativi all’inquinamento aria e implicazioni sanitarie, anche collegate alla pandemia” sottolinea il fatto che la qualità dell’aria è un problema che interessa tutti, indipendentemente dalla condizione sociale, ed ha implicazioni sulla salute umana in termini di diminuzione dell’attesa di vita media. Sono in corso degli studi per verificare la correlazione tra inquinamento dell’aria e gravità delle complicazioni dovute al COVID-19.

Il WHO ha ridotto il limite degli inquinanti tollerati nell’aria invitando l’Unione Europea ad aggiornare essa stessa tali limiti.

Per applicare queste considerazioni generali al nostro territorio ed alla nostra quotidianità è sufficiente dare un’occhiata ai dati delle ASL, dove presenti: in particolare la relazione sulla performance 2019 dall’ASL di Alessandria elenca come patologie più diffuse quelle che sono legate all’inquinamento atmosferico.

Oscar Brunasso, Associazione Rifiuti Zero Piemonte, nel suo intervento “Inceneritori e pandemia, altri aspetti tecnici, sanitari ed economici legati allo smaltimento dei rifiuti” quantifica l’ammontare dei rifiuti prodotti in Italia ogni anno: 30 Milioni di tonnellate di rifiuti urbani, 164 Milioni di tonnellate di rifiuti speciali[1]. I due tipi di rifiuti vengono gestiti in maniera diversa ed in parte recuperati. L’obiettivo ideale sarebbe quello del recupero totale (rifiuti zero), ma questo richiederebbe un profondo cambiamento del modello economico sociale: il cittadino medio non è cosciente del suo impatto ecologico e del fatto che questo sia insostenibile, anche perché il paradigma consumista si basa sull’assunto che i consumi siano incomprimibili.

Lo stesso PNRR, benché teoricamente basato sui concetti di sostenibilità e conversione energetica, non fa alcun accenno all’indispensabile riduzione dei consumi ed al cambiamento culturale dalla società dello spreco a quella del recupero.

Invece di ripensare la filiera produzione/rifiuti/riciclo in moda da ridurre la massimo l’ammontare dei rifiuti non recuperabili si preferisce trattare parte dei rifiuti negli inceneritori (recupero energetico), malgrado l’impatto ecologico di queste strutture in termini di gas clima alteranti e di polveri sottili sia in valore assoluti enorme.

Mario Cavargna, Pro Natura, nel suo intervento dal titolo “Inquinamento da polveri sottili ed epidemie, ripristino ferrovie locali per fornire servizi di trasporto indispensabili e ridurre l’inquinamento” sottolinea che l’inquinamento è violenza perché crea danni a cui è impossibile sottrarsi.

La pianura padana è la regione europea più inquinata data la concentrazione delle polveri sottili che, oltre ad essere pericolose di per sé, potrebbero essere vettori di batteri e virus.

I lavori per la TAV in Val Susa genereranno altre polveri sottili con possibile contenuto di amianto.

Alcune proposte di azioni in positivo: potenziare la mobilità ferroviaria locale che, se rimodernata, può diventare una valida alternativa alla mobilità su ruota.

Massimo Montarino, Forum Salviamo il Paesaggio, nel suo intervento dal titolo “Consumo di suolo e pandemia” parla di consumo di suolo e delle sue implicazioni ambientali: ogni ettaro di terreno fertile assorbe 90 tonnellate di CO2 e più di tre milioni di litri d’acqua all’anno, per non parlare del ruolo che assume nella sovranità alimentare. Per formare 2,5 cm di terreno fertile ci vogliono 500 anni.

Senza considerare questi benefici effetti dei terreni fertili, la tendenza a consumarli è inarrestabile. Localmente saranno costruiti su terreno fertile il bio-digestore di Piobesi e l’insediamento di Amazon ad Orbassano: la giustificazione per la scelta di consumare suolo fertile invece di recuperare suolo già occupato è che la bonifica di suolo industriale risulta più costosa dell’utilizzo di suolo fertile perché quest’ultimo è considerato risorsa a basso costo. Il prof. Paolo Pileri del Politecnico di Milano ha quantificato in 8.000 € all’anno il costo sociale di un ettaro di terreno fertile cementificato.

Emma Miotto, Extinction Rebellion, nel suo intervento “Democrazia partecipativa e assemblee cittadine: una risposta a una politica ingabbiata dal paradigma della crescita e incapace di agire nell’interesse della comunità” illustra brevemente le idee che stanno alla base dell’azione del movimento: uno stile di vita che consuma le risorse di 1,7 pianeti ogni anno non è sostenibile, come non sostenibile è il paradigma della crescita infinita in un pianeta finito. Questo ci sta portando verso l’estinzione.

Per questa ragione ER avanza tre richieste

  • Dire la verità: la gravità della situazione climatica deve essere chiara all’opinione pubblica. In questo i media mainstream hanno un ruolo fondamentale: alcuni stanno cominciando a dare spazio alle istanze ecologiste, ma non è ancora sufficiente.
  • Agire subito: il problema del cambiamento climatico richiede azioni urgenti, non compatibili con i tempi lunghi necessari per permeare partiti ed istituzioni. Per la stessa ragione risulta necessario un coinvolgimento diretto della popolazione su questo tema: se il 3% della popolazione si impegna attivamente su un tema è possibile influenzare rapidamente la politica e le istituzioni
  • Istituire delle assemblee di cittadini, rappresentative e con membri estratti a sorte, per colmare la distanza tra base sociale ed istituzioni, ormai evidente nelle democrazie occidentali, seguendo gli esempi di vari esperimenti condotti in tal senso.

Nella sua qualità di riassunto di quasi due ore di conferenza, questo articolo è chiaramente parzialmente incompleto: invito chi volesse approfondire le tematiche oggetto dell’incontro di seguire la registrazione video completa a cui si può accedere tramite il box sottostante.

Approfondimenti

Programma del Festival

L’evento di apertura del Festival della nonviolenza e della resistenza civile

[1] Dati ISPRA 2019