Di fronte a un governo indebolito e combattuto anche fra i sostenitori del colpo di stato che lo ha portato alla poltrona presidenziale, Michel Temer, incapace di qualsiasi reazione o iniziativa, sembra attendere un destino che non si profila molto favorevole per lui e ancor meno per il paese.

 

In un’iniziativa senza precedenti, le cui conseguenze si vedranno nei prossimi giorni o forse oggi, la Direzione del Senato ha rifiutato ieri, all’unanimità, di adempiere la determinazione del ministro Marco Aurelio Mello, membro della Corte Suprema Federale. Il giorno precedente Mello aveva inviato una ingiunzione (atto provvisorio da sottoporre alla sessione plenaria della Corte) che determina l’immediata sospensione di Renan Calheiros dalla Presidenza del Senato. La Direzione del Senato ha detto che avrebbe accettato solo una determinazione della Corte Suprema in seduta plenaria.

Mello ha basato la sua controversa e polemica ingiunzione su una risoluzione che è ancora in discussione presso la Corte Suprema secondo cui nessun condannato può occupare una carica idonea alla successione presidenziale. Come presidente del Senato Calheiros, che è imputato in un processo in corso presso la Corte Suprema medesima, è il secondo in quella linea, dopo il suo collega Rodrigo Maia che presiede la Camera dei Deputati.

Nel primo turno di votazione, sei degli undici membri della Corte Suprema hanno approvato la risoluzione che causerebbe la rimozione di Calheiros dalla Presidenza del Senato. Un settimo, Dias Toffoli, ha chiesto tempo per per meglio esaminare il provvedimento. Questa è stata una chiarissima manovra dilatoria perché fra dieci giorni iniziano le vacanze al Congresso e Calheiros -principale obiettivo di questa risoluzione- porterebbe a termine il suo mandato che scade il primo di febbraio del prossimo anno.

Se la decisione di Marco Aurelio Mello è stata controversa, molto di più è stata la decisione di contrastarla. La prima resistenza è venuta dallo stesso Calheiros che ha rifiutato per due volte (la prima nella notte di lunedi, la seconda ieri mattina) di ricevere l’ufficiale di giustizia incaricato di consegnargli l’intimazione.
Come conseguenza delle mosse di Calheiros diventato chiaro che la resistenza è non solo singola ma collettiva. Questo apre una crisi istituzionale tra il Congresso e la Corte Suprema, scuotendo ulteriormente un ambiente già sovraccarico di tensione.

Non appena si è saputo della ribellione dei senatori che controllano la Direzione, hanno circolato illazioni che Calheiros potrebbe essere arrestato per aver disobbedito alla ingiunzione di un ministro del Tribunale Federale. Ma i membri di quel Tribunale hanno scelto di non discutere la questione, preferendo convocare una sessione plenaria oggi per discutere e decidere il provvedimento provvisorio di Marco Aurelio Mello. Anche gli alleati più vicini a Calheiros dicono che le sue possibilità di sottrarsi alla giustizia e restare al Senato sono quasi sotto lo zero, se fosse possibile.

Quello che è successo ieri ha coinciso con la presentazione del progetto di legge del governo Temer che introdurrà drastici cambiamenti nel sistema pensionistico del paese e colpirà aspramente i lavoratori.
Il progetto è stato colpito con raffiche di dure critiche. Il deputato e figura di spicco dei Sindacati, Paulo Pereira, sostenitore incondizionato del colpo di stato e partner preferenziale di Michel Temer con gli iscritti alla sua organizzazione, è stato schietto: così com’è, questo progetto non sarà mai approvata alla Camera dei Deputati.

Sempre ieri si doveva presentare al Senato l’emendamento costituzionale che stabilisce un tetto per la spesa pubblica nei prossimi 20 anni, il che significa tagli significativi nei bilanci dei servizi pubblici, tra cui istruzione e sanità.
Oggetto del desiderio di dieci su dieci proprietari del capitale e perfetto esempio di un neoliberismo integralista, corre il serio rischio di non essere votato entro quest’anno.

Di fronte a un governo indebolito, inerte e combattuto anche fra i sostenitori del colpo di stato che lo ha portato alla poltrona presidenziale, Michel Temer, incapace di qualsiasi reazione o iniziativa, sembra attendere ciò che il destino riserva a lui e al paese.
Il destino, tuttavia, non appare molto favorevole per lui e ancor meno per il paese. Ieri il governatore della provincia di Minas Gerais, la terza più grande economia del Brasile, ha chiesto al legislatore provinciale di dichiarare lo stato di calamità finanziaria, come già fatto a Rio de Janeiro e Rio Grande do Sul.
A Rio de Janeiro il quadro è più drammatico: il governo locale non ha di che pagare gli stipendi di novembre, dicembre e le tredicesime.

Ieri ci sono stati gravi scontri per le strade tra impiegati pubblici che protestavano contro il fallimento della provincia e la polizia. A Brasilia si teme che questo quadro, che appare prossimo a un focolaio di tensioni sociali, si diffonda ad altre province.

Come se ciò non bastasse, ora si verifica un conflitto aperto tra Magistratura e Senato.
Fino a quando, e in che misura reggeranno le istituzioni di un paese in piena turbolenza?

 

Traduzione di Leopoldo Salmaso