Due, se non addirittura tre dei quattro prigionieri nei bracci della morte della Bielorussia sono stati messi a morte dal 5 novembre. Lo ha denunciato Amnesty International dopo i riscontri ottenuti da attivisti locali.

“Svuotare in questo modo i bracci della morte è una misura terribile, qualsiasi paese la prenda. Ma in Bielorussia risulta ancora più vergognosa poiché le esecuzioni avvengono in segreto e senza preavviso” – ha dichiarato Aisha Jung, responsabile delle campagne di Amnesty International sulla Bielorussia. La Bielorussia è l’unico paese d’Europa e delle ex repubbliche sovietiche a eseguire condanne a morte.

Secondo l’organizzazione locale per i diritti umani “Viasna”, a partire dal 5 novembre Siarhei Khmialeuski, Ivan Kulesh e molto probabilmente anche Hyanadz Yakavitski sono stati messi a morte con un colpo di pistola alla nuca. Un quarto prigioniero, Siarhei Vostrylau, è in attesa dell’esecuzione dopo la condanna a morte ricevuta il 19 maggio.

Il 29 novembre i familiari di Siarhei Khmialeuski si sono presentati all’ingresso della prigione SIZO 1 della capitale Minsk per visitare il detenuto. Gli è stato detto che era stato messo a morte nelle ultime settimane. Da un mese non ricevevano sue lettere, ma la direzione del carcere aveva accettato un bonifico in suo favore solo una settimana prima.

Siarhei Khmialeuski era stato condannato a morte per duplice omicidio. La condanna era stata ratificata dalla Corte suprema il 6 maggio. Un secondo prigioniero, Ivan Kulesh, condannato a morte per rapina e omicidio, è stato messo a morte il 5 novembre. Molto probabilmente anche Hyanadz Yakavitski è stato messo a morte questo mese. Nei prossimi giorni sua figlia si recherà in carcere per verificarlo.

I parenti dei condannati a morte, infatti, non vengono avvisati dell’imminente esecuzione e non possono incontrare per l’ultima volta i loro congiunti. A volte lo scoprono recandosi alla prigione per la visita, in altre occasioni quando ricevono un pacco contenente le scarpe e l’uniforme carceraria. Le salme non vengono restituite alle famiglie e vengono sepolte in luoghi di cui non viene resa nota l’ubicazione.

In Bielorussia, le informazioni sull’uso della pena di morte sono classificate come segreti di stato. Pertanto, non è possibile conoscere il numero effettivo delle esecuzioni.

Secondo il ministero della Giustizia, dal 1994 al 2014 sono stati messi a morte 245 prigionieri. Le organizzazioni per i diritti umani stimano che dal 1991, anno dell’indipendenza, i prigionieri messi a morte siano stati circa 400.

Per quanto riguarda gli anni recenti, nel 2015 non c’erano state esecuzioni mentre nel 2016 era stato messo a morte un detenuto di nome Siarhei Ivanou. “Le autorità bielorusse portano l’ingiustizia insita nella pena capitale a picchi estremi. Il sistema giudiziario causa un immenso stress alle famiglie dei condannati a morte” – ha commentato Jung.

“Lanceremo subito una campagna per chiedere alla Bielorussia di porre fine alle esecuzioni e, attraverso l’istituzione immediata di una moratoria, di unirsi al resto d’Europa e alla maggior parte dei paesi del mondo che hanno rinunciato alla pena di morte” – ha concluso Jung.

La campagna è online a questo indirizzo:
https://www.amnesty.org/en/get-involved/take-action/tell-belarus-abolish-death-penalty/

Ed è accompagnata da un video:
https://www.youtube.com/watch?v=-z-XvNpNIx4&feature=youtu.be