Di Giovanni Sarubbi
Domani sveglia alle 5. Si parte per Assisi in marcia per la PACE. Si, la parola PACE voglio scriverla in maiuscolo ed in neretto, come se la gridassi con tutta l’aria che ho nei polmoni. E vorrei che questo grido potesse coprire e fermare le esplosioni delle bombe, il suono delle sirene, i lampi degli incendi e i morti a migliaia di migliaia, vittime innocenti di militari sanguinari, politici corrotti, grandi finanzieri e capitani di industrie che praticano l’antico mestiere della rapina di risorse naturali, di terre, di ricchezze dei popoli contro cui armano i loro eserciti.
E vorrei che la parola PACE potesse fermare i mercanti di armi e i politici che li proteggono e anzi favoriscono il loro business, nascondendolo dietro parole come “sicurezza”, “lotta al terrorismo” e persino “lotta contro il traffico di esseri umani”. Cosa non fanno i venditori di armi per mettere i loro profitti al di sopra di qualsiasi cosa. Hanno inventato persino la “guerra umanitaria”. Le loro ricchezze grondano sangue ma pretendono di definirsi “umanitari”.
E vorrei che la parola PACE riuscisse a toccare il cuore di quanti, come operai e tecnici, le progettano e poi materialmente le producono le armi. Vorrei poter dire loro di fare obiezione di coscienza alla guerra e alla produzione di armi che della guerra è la premessa.
Non so chi incontrerò. Non so se ritroverò qualche vecchio amico con il quale ho già marciato in passato. Forse si, forse no, ma l’importante è esserci, e marciare e assaporare il piacere dell’incontro, è il riscoprire l’umanità, la nostra e quella di chi marcia insieme a noi.
Siamo tutti esseri umani, tutti bisognosi di pace, amore, accoglienza, solidarietà. Di fronte alla vita non ci sono differenze, nessuno vale più di un altro, tutti abbiamo bisogno dello stesso cibo e della stessa aria e dell’acqua per vivere. E marciare ci aiuta a riscoprire questa condizione essenziale della vita umana.
E poi torno ad Assisi, sui luoghi di Francesco, che amava “ sorella acqua”,”sorella luna”, “sorella nostra madre terra”, e “sorella nostra morte corporale”, quella che ci accompagna ogni giorno e che noi non vediamo. E quando la vediamo essa ci abbraccia e ci porta con lei per sempre. Laudato sii.
E ritornare allo spirito di Francesco è gridare forte PACE. Ed è un grido che ancora risuona nonostante le sontuose cattedrali e gli imponenti conventi costruiti sopra i luoghi di Francesco e i tanti errori e tradimenti che, nel corso dei secoli, hanno caratterizzato quelli che si chiamano “francescani”.
PACE, vogliamo PACE. Questo grideremo domani marciando da Perugia ad Assisi e lo grideremo forte anche e soprattutto a quei giornalisti che di PACE non vogliono sentire parlare, che di PACE non parlano mai e che anzi soffiano sulla guerra. Anche le parole grondano sangue quando incitano alla guerra e all’odio contro i migranti, come sta succedendo da oramai troppi anni nel nostro paese e nel mondo.
Abbiamo bisogno di PACE. Dobbiamo fermare questa terza guerra mondale che va avanti oramai da 15 anni. E insieme lo possiamo fare.
PACE.

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