La scrittura e la Chiesa

In Brasile il passaggio da lingue orali a lingue scritte è stato marcato dalla dominazione. Il paziente e difficile studio delle lingue indigene da parte dei gesuiti dei secoli XVI e XVII, al seguito degli invasori, ha permesso loro di produrre ortografie, vocabolari, grammatiche. L’obiettivo di tanto impegno era la traduzione, non per capire gli indigeni ma per essere da loro capiti, e ciò che si voleva fosse capito era il messaggio della dottrina cristiana.

La scrittura e lo Stato

A sua volta lo Stato ha usato la scrittura per negare strutture culturali, sociali e politiche che non fossero le sue. Introducendo nuovi concetti e nuovi valori si prefiggeva di assimilare gli indios alla società nazionale. Nella storia recente del Brasile, invece di uccidere fisicamente gli indigeni attraverso spedizioni armate, lancio di alimenti avvelenati e vestiti contaminati, lo Stato ha cercato di “emanciparli”, cioè di eliminarli culturalmente. Negando l’identità etnica e l’alterità, concepiva una maniera solo apparentemente meno violenta per appropriarsi dei territori indigeni. Plasmati da quanto di più deleterio la società nazionale propone loro, ridotti a individui marginalizzati e sfruttati, gli indigeni perdono il diritto al possesso e usufrutto delle terre tradizionalmente occupate dalle etnie di appartenenza; terre che passano in mano al potere economico multinazionale, transnazionale, sopranazionale.

La scrittura e gli indigeni

Fatti storici ed esperienze etnografiche registrate da chi ha partecipato al processo di introduzione della scrittura in società indigene ci hanno mostrato i sentimenti da essa suscitati negli indios. Nel 1614 i Guarani considerarono spioni i gesuiti che passavano un buon tempo a leggere libri di preghiera, e reputarono che quei libri portassero la morte. Un capo Nambikwara intese la funzione della scrittura come potere. Contattati nel 1974, gli Ena-wene-nawe immaginarono che la scrittura fosse un modo per attualizzare il passato o indovinare il futuro; che attraverso essa fosse possibile dominare “qualcosa lontano”, oltre lo spazio e il tempo; uno di loro immaginò che attraverso il libro si potessero ascoltare parole e frasi e se lo portò all’orecchio. Individui Mỹky e Yanomami, per la prima volta a contatto con un codice scritto, hanno riempito pagine di segni grafici che simbolizzano elenchi di animali o storie di vita. In mano a invasori e colonizzatori la scrittura non è stata una forma di espressione, ma uno strumento di oppressione che ha contribuito a distruggere o indebolire società indigene.

Il movimento indigeno e indigenista

Nel 1978, s’instaurò in tutto il Brasile il dibattito relativo al progetto governativo di “emancipazione”, attraverso cui lo Stato voleva “acculturare” compulsivamente gli indios, cioè ridurli a individui sfruttati e marginalizzati all’interno della società nazionale, senza più diritti sulle terre tradizionalmente occupate dalle etnie di appartenenza. Dalla solidale intesa fra gli indios e i loro alleati (antropologi, linguisti, indigenisti e missionari soprattutto laici), prese vita il movimento indigeno e indigenista organizzato brasiliano.

Riguardo all’alfabetizzazione, nacquero nuove concezioni secondo le quali essa doveva servire per conoscere la società dei bianchi, per difendersi dai suoi fronti di espansione, per esigere la demarcazione delle terre. Il dominio della lingua scritta cominciò a essere visto come uno strumento per la coscientizzazione e la difesa dei diritti. Nessuno s’illudeva di invertire, solo attraverso la scuola, il processo di conquista e annichilimento in atto da 500 anni, ma si cominciava perlomeno a pensare all’educazione formale come mezzo per preservare e valorizzare lingue e culture, rafforzare e affermare identità etniche, tendere all’organizzazione, partecipazione, autodeterminazione. L’alfabetizzazione cessava di essere passaggio per la traduzione della Bibbia, o strumento per “emancipare” comunità indigene, e diveniva mezzo attraverso cui affermare identità etniche e rivendicare diritti. Oggigiorno è parte integrante della maggioranza di queste società e ad esse è creativamente incorporata.

Le lotte per l’autonomia

Nel 1979 viene promosso dalla Commissão Pró-Índio di São Paulo il 1° Incontro Nazionale di Lavoro sull’Educazione Indigena. Nel 1982 hanno inizio gli Incontri di Educazione Indigena realizzati dall’OPAN – allora Operazione Anchieta, che si susseguono ogni due anni fino al 1990. Dalla metà degli anni Ottanta cominciano a essere realizzati incontri e corsi regionali per maestri indigeni e aspiranti tali. Rivendicati dalle comunità, questi eventi sono incentivati e assessorati da organizzazioni di appoggio agli indios, e da gruppi specializzati esistenti all’interno delle università. La finalità è quella di formare politicamente e professionalmente i maestri indigeni affinché possano assumere la conduzione delle proprie scuole. Redimendo la scrittura dal prepotente uso fattone in passato da Chiesa e Stato, gli indigeni e i loro alleati trasformano l’ “educazione per l’indio” in “educazione indigena”. La filosofia e metodologia di Paolo Freire vengono applicate alla pedagogia indigena, così che gli alfabetizzatori scelgono parole-chiave di grande importanza. Questa coscienza critica però non può bloccarci al punto di non farci assumere l’impegno ad agire criticamente sulla realtà di contatti storici culturale e storica. Cominciano ad essere prodotti materiali didattici che differiscono sostanzialmente da quelli fino ad allora utilizzati: sono vere e proprie opere-prime di arte indigena, sono sintesi etnologiche di grande realismo e forza comunicativa, sono fonti di informazioni etnografiche che fanno affiorare cosmovisioni indigene; inoltre, contengono proposte che visano all’autonomia linguistica, culturale, politica delle società indigene. La scuola, pensata e amministrata dagli stessi indigeni, diviene luogo privilegiato ove organizzarsi per lottare contro i meccanismi di assorbimento della società nazionale, per difendere territori e diritti, per formare una coscienza critica in relazione a tutto ciò che la società occidentale propone; insomma la finalità della scuola indigena è quella di riscoprire e affermare identità etniche e rivendicare diritti.

I maestri collaborano attivamente con i leader indigeni, che sono brillanti oratori ma analfabeti, e si mettono al loro servizio stilando documenti, denunce, rivendicazioni, verbali, suggerimenti, partecipando essi stessi alle lotte che con tanto coraggio e determinazione gli anziani portano avanti per la demarcazione dei territori. Le rivendicazioni dei leader, così come i documenti finali prodotti durante i corsi e incontri dei maestri indigeni vengono presi in considerazione durante i lavori della Costituente, che gli indios accompagnano creativamente e anche fisicamente. La Costituzione della Repubblica Federativa del Brasile, promulgata il 05/10/1988, dedica ai popoli indigeni il capitolo VIII – intitolato “Degli indios”, con gli articoli 231 e 232 che riconoscono organizzazione sociale, usi, costumi, lingue, modi di vedere, tradizioni, diritti originari sulle terre tradizionalmente occupate; e affidano allo Stato l’incarico di demarcare le terre, proteggere e far rispettare i diritti dei popoli indigeni. Inoltre, nel capitolo III – intitolato “Dell’educazione, della cultura e dello sport”, il secondo paragrafo dell’articolo 210 afferma che l’insegnamento primario regolare sarà impartito in lingua portoghese, assicurando alle comunità indigene anche l’utilizzo delle lingue materne e dei procedimenti propri di apprendimento.

Dalla nuova costituzione ai nostri giorni

L’introduzione nella Costituzione dei suddetti dispositivi non è solo una grande vittoria per il movimento indigeno, ma rappresenta il marchio del cambiamento nell’abbordaggio della questione indigena da parte dello Stato, che pone fine ai tentativi di emancipare, assorbire, acculturare gli indios e riconosce loro il diritto alla terra e alla diversità culturale. Una volta sanciti questi diritti, il movimento indigeno canalizza le sue lotte nella demarcazione delle terre, terre che sono state irrigate con il sangue di molti leader. Oggigiorno la maggior parte dei territori risultano omologati, di altri si chiede l’inclusione di località rimaste fuori dalla demarcazione, per altri si continua a lottare e morire come nel caso dei guarani-kaiowá del Mato Grosso do Sul. La demarcazione delle terre ha avviato una nuova fase esistenziale per i popoli indigeni, generando tranquillità e stabilità sociale e, conseguentemente, progressi in aree quali l’educazione, la sanità, la cultura, lo sviluppo sostenibile. Il dato più incoraggiante è che dai 220.000 individui che erano all’inizio degli anni Novanta, secondo l’IBGE – Istituto Brasiliano di Geografia gli indios sono oggi 750.000. Appartenenti a molteplici etnie, sono divenuti maestri e infermieri nei propri villaggi, sono studenti universitari, laureati in Diritto, Educazione, Antropologia, Linguistica, Storia. Non meno vitale è il movimento legato alle arti, attraverso cui gli indigeni stanno dando il loro imprescindibile apporto per scoprire le radici della società brasiliana e per costruire l’identità nazionale. Di seguito alcuni esempi.

6-video-nei-villaggi

Video nei villaggi

È un progetto che ha formato un’intera generazione di cineasti indigeni. Il suo fondatore, Vincent Carelli, è l’autore del documentario Martirio, da poco uscito nelle sale cinematografiche, dedicato alla centenaria lotta per la terra e la vita dei Guarani-Kaiowá.

https://www.facebook.com/pages/V%C3%ADdeo-nas-Aldeias/1513729152186067?fref=ts

https://www.facebook.com/vincent.carelli?fref=ts

4-ukacristino-wapichana-scrittore-e-cantautore

Istituto UKA

Creato da scrittori indigeni, organizza corsi di formazione per educatori e interventi nelle scuole dei bianchi, presentazioni di libri, conferenze, dibattiti.

https://www.facebook.com/instituto.uka?fref=nf

Dell’istituto fa parte il cantautore e scrittore Cristino Wapichana. Un suo libro era presente all’edizione del 2015 della “Fiera del libro per ragazzi” di Bologna.

https://www.facebook.com/cristino.wapichana?fref=ts

Radio Yandê

Creata da tre amici, è la prima radio indigena online del Brasile. Diffonde la cultura indigena con enfasi in canzoni e suoni prodotti attualmente da membri delle più svariate etnie.

http://radioyande.com

Premio Pipa

Al prestigioso premio di arte contemporanea, quest’anno hanno partecipato tre indigeni. Due di loro si sono aggiudicati i premi che erano previsti per il primo e il secondo classificato della votazione on-line.

http://www.premiopipa.com/pag/votar-no-pipa-online/

Ultimissime dal Brasile

Sorprendente, almeno dal mio punto di vista, è la notizia che varie comunità indigene degli Stati di Roraima, Bahia, Mato Grosso do Sul, hanno deciso di autorealizzare il controllo, la sicurezza e la protezione delle proprie terre. Ciò che rende la loro decisione storica è il fatto che gli indigeni hanno coinvolto le istituzioni; così la formazione dei vigilanti sta avvenendo attraverso gli organi federali e regionali preposti. Oltre che alla formazione degli agenti di sicurezza, i corsi di addestramento, già iniziati, servono anche per far giungere le istanze indigene al governo, stimolando così il dialogo fra Stato, popoli e organizzazioni indigene. D’accordo con i leader coinvolti nella formazione dei vigilanti, i corsi rappresentato un passo importante verso il consolidamento dell’autonomia nel controllo e salvaguardia dei territori indigeni. Ancora da Roraima, attraverso progetti innovativi, il Consiglio Indigeno di Roraima sta mandando suggerimenti a tutto il Brasile per quanto riguarda la produzione di prodotti agricoli senza utilizzare veleni, e l’allevamento del bestiame senza distruggere l’ambiente. Addirittura ha iniziato un progetto per trasformare la forza del vento in energia.

Domenica due ottobre ci sono state le elezioni in Brasile, per scegliere sindaci e consiglieri comunali. Moltissimi gli indios eletti, fra cui un sindaco di origini ashaninka. Nutriamo la speranza che in un futuro non troppo lontano gli indios eletti in tutte le regioni del Brasile possano far parte di un fronte parlamentare indigeno.