….aspettala.

Vicino alla fontana della sera

E ai fiori di caprifoglio

Aspettala…..

 

Così, con i fiori di caprifoglio, la coppa incastonata di blu e la fontana della sera, Il poeta Mahmoud Darwish invita ad aspettare la donna amata.

Sceglie sempre un fiore, un albero, un elemento della terra Darwish, in ogni sua poesia. La terra si fa donna e si fa amore, si fa patria negata e resistenza invincibile.

In questa poesia i fiori di caprifoglio sono un elemento del contesto, del luogo dell’attesa. E questi fiori profumatissimi, portati su sottili liane rampicanti, in questo mese di inizio estate sono visibili quasi in ogni giardino palestinese.

La pianta è originaria  sia dell’Asia che dell’America e cresce in forma spontanea quasi ovunque fino ai 1200 metri slm. Il suo nome scientifico è Lonicera caprifolium, ma di questo genere ne esistono circa duecento specie piuttosto simili tra di loro.  In Palestina è chiamato “abarah”, i greci lo chiamavano “periclymenon” perché avvolge ciò che trova mentre si arrampica, il medico romano Scribonio Largo lo chiamava “madreselva”  e ne considerava gli aspetti medicinali piuttosto che quelli ornamentali.

Nei boschi è facile individuarlo ancor prima di vederlo per il profumo intenso e gradevole che emanano i suoi fiori, i quali hanno una corolla bilabiata di colore bianco con punte che vanno dal crema al rosso e   petali lunghi circa 2 centimetri dai quali sporgono sia lo stilo che gli stami conferendo al fiore un aspetto leggero e aperto alla luce. Questa specie ha foglie persistenti  di forma ovata disposte lungo il fusto in coppie opposte che formano un cespuglio sempreverde  abbarbicandosi alle inferriate o agli alberi e, quando possibile, anche ai muri.

Come tutte le piante che si diffondono spontaneamente il caprifoglio, pur essendo così bello e profumato, non è sempre amato e talvolta viene bruciato o estirpato. Ma come tutte le piante spontanee, basta un pezzetto di radice rimasta nel terreno per riprendere vita e tornare a germogliare. Esattamente come avviene per gli ideali umani che nei periodi di tirannide vengono soppressi, ma che inaspettatamente un giorno tornano in superficie creando nuove pagine di storia.

Al di là dell’aspetto ornamentale e del profumo gradevole che lo caratterizza, il caprifoglio ha apprezzabili proprietà officinali per i principi attivi contenuti nei fiori e nelle foglie. Le sue bacche invece sono fortemente tossiche e possono essere apprezzate solo per la loro bellezza autunnale.

Sia le foglie che i fiori non si usano freschi ma si lasciano essiccare in ambiente buio e asciutto per poi essere utilizzati in infusi e decotti. La raccolta e l’essiccazione dei fiori va fatta appena sbocciati, mentre quella delle foglie da maggio a luglio.

Un infuso di fiori ha proprietà emollienti, antinfiammatorie e utili per calmare tosse e raffreddore. Ne basta un cucchiaio in un quarto di acqua bollente lasciato in infusione per 6-7 minuti. Due tazze al giorno funzionano meglio di un prodotto farmaceutico.

In passato, per stimolare le funzioni renali si usava un infuso di foglie, ma attualmente le foglie si preferisce usarle in decotto come cicatrizzanti esterne e per curare afte orali, stomatiti e mal di gola facendone gargarismi e risciacqui ma senza ingestione. Il decotto si ottiene facendo bollire per pochi minuti una manciata di foglie secche in un quarto di acqua.

Tra le leggende e le tradizioni legate a questa pianta c’è quella di propiziare un buon matrimonio e il motivo è facilmente intuibile dato il suo portamento avvolgente e la bellezza dei suoi fiori.

Anche in Occidente il caprifoglio è stato usato come metafora di amori struggenti. Nella leggenda di Tristano e Isotta, questo amore cavalleresco che dal medioevo ancora lancia  segnali evocativi di unioni spirituali indissolubili, al caprifoglio avvinghiato al nocciolo Tristano affida il messaggio di inseparabilità che manda a Isotta: “Assieme possono durare a lungo – dice Tristano – ma se uno li separa, allora il nocciolo subito muore e il caprifoglio lo stesso. Mia bella amica, così è di noi: né voi senza di me, né io senza di voi”.

Mentre scrivo, e il mio pensiero passa dalla pianta alla letteratura e da questa alla situazione attuale che si vive in Palestina, mentre scrivo ho davanti a me, fuori della finestra, proprio un cespuglio di caprifoglio. Il suo profumo entra a folate appena si muove l’aria e penso a quei giardini e a quegli orti che il muro israeliano ha separato appropriandosi di una parte di essi. Mi chiedo che fine avranno fatto quei  cespugli profumati estirpati o separati. Certamente alcuni non avranno resistito, forse si saranno rassegnati e si saranno lasciati morire.  Però, però una pianta spontanea, anche se addomesticata, ha una tenacia sotterranea che neanche un muro di cemento alto otto metri può soffocare per sempre. Basta sia rimasta la memoria della sua radice che alla prima pioggia giusta rispunterà il germoglio. Ritornerà il profumo e un nuovo ramo accompagnerà una nuova pagina di storia. Quella che questo territorio sta aspettando di scrivere.