Preparare un tè scaldando l’acqua con quattro candele – perché all’ospite il tè va offerto comunque – può significare trovarsi a Gaza, di sera, in un campo profughi, dove il gas della bombola è finito e al momento non c’è ricambio, perché anche le bombole sono contingentate a causa dell’assedio. Così, mentre le ragazze preparano il tè in cucina, nella stanza adibita a salotto si parla al buio come fosse normale, e una bambina addirittura canta. Al buio. Perché di sera la luce non c’è, Israele la taglia e non tutti possono permettersi un gruppo elettrogeno.  Allora, o le candele servono a fare luce o servono a fare il tè e poi, se non saranno totalmente consumate, torneranno a far luce mentre si beve il tè.

Ma se si potesse avere una luce rubata al sole, anzi offerta dal sole, almeno un sollievo ci sarebbe! E se il sole, ben diretto e senza sprechi, riuscisse non solo a far luce in un salotto, ma a far funzionare un intero ospedale, non si bloccherebbe più l’ossigeno nelle incubatrici provocando asfissia ai neonati, e la sala operatoria potrebbe funzionare a pieno ritmo, e l’ospedale potrebbe fare l’ospedale. Nonostante l’assedio!

Nacque così l’idea di Sunshine4Palestine. Il primo grande lavoro fu proprio l’impianto che rendeva autonomo da ricatti ed elemosine un piccolo ospedale nel martoriato quartiere di Shujjaya alla periferia di Gaza City. Quando il progetto si concretizzò, l’entusiasmo di Haitham Ghanem, l’ingegnere di Sunshine che aveva realizzato l’impianto, non era diverso da quello di ogni membro dell’associazione sia che si trovasse nella Striscia, sia che si trovasse in Europa. Significava avercela fatta e potercela ancora fare.

E ora? Bè, ora Sunshine ha deciso di fare divulgazione scientifica ad ampio spettro nella Striscia di Gaza, e non solo. Divulgare la scienza partendo dai ragazzi e dai bambini significa offrirla come un gioco e farne capire lo straordinario valore, anche pratico, come ad esempio può essere la realizzazione, con materiale di risulta, di una lampada solare per essere autonomi dall’arbitrio di chi, per complicità internazionali, non è tenuto a rispettare i diritti umani.

Il progetto è bello, partirà a Gaza il prossimo autunno e lo si sarebbe potuto chiamare raggi di pace o raggi di vita o raggi di libertà, ma Sunshine ha scelto di chiamarlo science4people, perché è la scienza che va alla gente in uno spicchio di mondo dove acqua e luce sono state assorbite dall’ingiustizia.

Il progetto parte totalmente autofinanziato e quindi, in qualche modo, appartiene a tutti coloro che, credendoci, hanno scelto di sostenerlo e ancora lo sosterranno. Per promuoverlo in Italia, domenica 4 settembre si svolgerà, a Roma, una serata di “giochi di scienza” aperta a tutti e dedicata in modo particolare a bambini e ragazzi. Nel giardino del Monk, luogo in cui laboratori di arte e cultura sono ormai di casa, tra clown, scienziati e musicisti, verrà data dimostrazione di come la scienza possa diventare una compagna di vita, non solo utile ma addirittura divertente.

La presidente di Sunshine4Palestine, Barbara Capone, ricercatrice di fisica computazionale all’Università di Vienna, sogna il momento in cui questi esperimenti potranno farli i ragazzi di Gaza perché, seppure è del tutto impotente a rompere l’assedio militare, ha però l’ambizione e il sogno, condiviso con tutto il team, di poter rompere almeno l’assedio energetico, visto che il sole non appartiene a Israele e il progetto di divulgazione scientifica ha come obiettivo primario quello di trasformare la sua luce in energia per la vita. Avercela fatta a Shujjaya significava e significa potercela ancora fare.