La decisione della maggioranza dei  cittadini del Regno Unito in favore del Brexit ( 52% con una partecipazione del 72% dei votanti) ha il grande vantaggio di portare chiarezza su un numero importante di aspetti fondamentali.
Primo, sono gli Inglesi ed i Gallesi che hanno votato per il Brexit. Gli Scozzesi e i cittadini dell’Irlanda del Nord hanno votato per restare nell’UE, soprattutto perché vogliono ottenere l’indipendenza dall’UK. tanto che gli Irlandesi del Nord opposti al Brexit hanno  già stamane dichiarato che Il Regno Unito non è più legittimato a governare in nome dell’Irlanda del Nord. Il “Regno Disunito” si è confermato tale. Inoltre, l’indipendentismo storico  scozzese è nutrito oggi da una visione più sociale e più umana della società da parte degli Scozzesi.
Secondo. Il voto ha messo fine alla grande ” contraddizione”  ed alla  “mistificazione”  che hanno dominato la storia  dell’integrazione europea  da quaranta anni, dopo l’entrata del Regno Unito  nella Comunità europea nel 1973 ed il crollo, anche nel 1973,  del sistema finanziario internazionale ed economico nato dopo la seconda guerra mondiale.
“La contraddizione“:  fin dal referendum positivo sull’appartenenza del Regno Unito alla Comunità europea del 1975, il governo britannico ha sistematicamente bloccato, rigettato od indebolito i vari tentativi, pur modesti, diretti a rinforzare negli anni ’80 e 90, i processi d’integrazione politica e socio-economica in uno spirito di (relativa, ripetiamolo) sovranazionalizzazione. Non si può, in un processo di federalizzazione “politica” su scala europea, mantenere uno Stato membro che lotta, con successo, in forza della sua importanza e e potenza, contro l’obiettivo, e che era riuscito proprio recentemente, marzo 2016, ad ottenere un ennesimo accordo sul ruolo del RU in seno all’UE distruttore dei principi di base costitutivi dell’UE. Siccome, questa contraddizione è stata possibile e ampiamente sfruttata anche grazie agli altri Stati membri, compresi la Germania, la Francia, i paesi scandinavi, i Paesi Bassi, la Polonia e l’Italia, l’alibi inglese non esiste più. Il che obbligherà detti Stati a dimostrare la loro effettiva e sincera adesione “al progetto Europa”. Il che  non è sicuro.
Veniamo cosi all’“ambiguità“. Con la predominanza crescente, a partire dagli anni ’90 ,delle concezioni liberiste, mercantili, capitaliste della vita e del mondo, il processo d’integrazione europea si è interamente sbilanciato e sottomesso alle logiche dell’integrazione (ineguale e divergente) dei mercati e della finanza  globalizzati. Il mercato unico (con sempre meno intervento dello Stato, e la moneta unica, con sempre meno sovranità dei poteri pubblici) ha preso in tenaglia l’integrazione europea. Risultato: l’Unione attuale è un’Unione non degli Stati, dei popoli e dei cittadini ma un’Unione fra i grandi gruppi ed interessi commerciali, industriali e finanziari europei e mondiali che hanno costruito una grande macchina tecno-burocratica oligarchica, al centro della quale dominano la Banca centrale europea, la Commissione europea e, persino, il Fondo Monetario Internazionale..Degli interessi dei cittadini, la retorica è superiore alla realtà. In questo contesto, il destino degli immigranti è stato preso in ostaggio dalle oligarchie  europee che hanno utilizzato l’argomento populista della sicurezza per far pagare agli immigranti ed ai 125 milioni d’impoveriti dell’UE i costi delle loro politiche sbagliate. L’esempio più clamoroso dell’ambiguità è la posizione ufficiale espressa stamane dal governo belga il quale ha osato affermare  che il Brexit deve indurre gli altri Stati dell’UE ad andare avanti nel processo dell’integrazione europea allorché esso stesso negli ultimi mesi, essendo favorevole alla libertà dei capitali e contro una fiscalità sulla ricchezza, ha bloccato l’approvazione di una pur modesta direttiva europea in materia di tasse sulle transazioni finanziarie, in particolare le transazioni finanziarie ad alta frequenza (al millesimo di secondo).
Terzo. il voto ha ugualmente dissipato l’equivoco creato ed alimentato dalle oligarchie che hanno plasmato l’Unione europea in questi ultimi anni e che è stato sfruttato dai nazionalismi moderati o estremi (xenofobi, razzisti, di classe…). E cioè che un eventuale rafforzamento dell’integrazione tipo EU attuale, secondo le regole dei trattati di Maastricht, di Lisbona, dei Two e  Six Pacts, del Fiscal Compact, della MIFID, della commercializzazione e privatizzazione delle sementi, non significa affatto, anche nel caso in cui  il Regno Unito fosse rimasto nell’UE, più Europa unita, più Europa sociale, giusta, più Europa politica democratica. Anzi  il contrario è vero. Per cui affermare che hanno vinto gli anti-europeisti, gli euro-scettici è solo in parte vero. Hanno vinto le oligarchie al potere sia in Grande Bretagna che nel resto dell’UE in lotta fra loro.
In effetti, per concludere, di cosa si sono preoccupati tutti i dirigenti europei a seguito dei risultati? Di come stanno reagendo le borse, i mercati finanziari, il valore della sterlina, dell’euro, del dollaro, dei costi e benefici commerciali e finanziari. Gli esperti invitati ai tavoli dei talk shows e delle edizioni speciali dei telegiornali non hanno fatto altro che parlare di economia  monetaria e finanziaria   alimentando cosi’ la convinzione generale sull’Europa – “un machin” avrebbe detto De Gaulle — in quanto  mercato e moneta, per cui  ciascuno deve cercare di massimizzare il proprio interesse “In nome del denaro”. Nessuno ha manifestato un seppur minimo  interesse per il divenire dei contadini, dei lavoratori a “contratto zero ore” molto diffuso in Inghilterra, di vivere insieme, di conseguenze per la democrazia ,di beni comuni pubblici di cultura.

Brexit, OK ma cosa c’é realmente di nuovo sul fronte europeo?