Altissimo impatto ambientale, insostenibilità della produzione e ora anche il parere dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che lo ha definito pericoloso, soprattutto per i bambini: l’olio di palma è diventato un elemento veramente da evitare. Il 25 maggio un convegno a Roma.

Di motivi per dire no all’olio di palma ce n’erano già molti: la produzione di quest’olio tropicale è una delle cause principali della distruzione delle foreste tropicali, dello sfruttamento del lavoro – anche minorile – in interi paesi come l’Indonesia e la Malesia (l’industria malese dell’olio di palma è stata per questo denunciata dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti.), della perdita di biodiversità, dell’estinzione di molte specie animali (nelle aree delle piantagioni nel sud est asiatico oltre 1.500 specie di uccelli, le tigri di Sumatra, il rinoceronte di Giava, alcune specie di elefanti e di orango sono a rischio estinzione).

Ma se tutto questo non bastasse, in questi giorni si è aggiunto l’ennesimo motivo per dire no all’olio di palma. Un parere dell’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, secondo cui l’olio di palma contiene tre sostanze tossiche, di cui una genotossica e cancerogena: il 3-Mcpd una sostanza che si forma durante la raffinazione degli oli vegetali e presente in misura maggiore proprio nell’olio tropicale, ben 70 volte in più rispetto all’olio d’oliva.
Nel corposo dossier di 160 pagine si legge che “ci sono evidenze sufficienti che il glicidolo sia genotossico e cancerogeno, pertanto il gruppo CONTAM non ha stabilito un livello di sicurezza per i GE”. E ancora: “L’esposizione ai GE dei bambini che consumino esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte quella che sarebbero considerata di lieve preoccupazione per la salute pubblica”. Questo significa che non è possibile stabilire un quantitativo tollerabile per questa sostanza che sia sicuro per la salute nostra e dei nostri figli.
Già l’Istituto Superiore di Sanità aveva messo in guardia i consumatori da questa sostanza e dell’eccessiva presenza di grassi saturi in essa contenuta. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva denunciato la concentrazione molto alta di acido palmitico nell’olio tropicale, a cui sono attribuiti aterogeni ed ipercolesterolemizzanti che aumentano il rischio cardiovascolare. Allarme confermato dagli studi del Center for Science in the Public Interest (CSPI). Anche l’American Heart Association aveva confermato che l’olio di palma è tra i grassi saturi di cui si consiglia maggiormente di limitarne l’uso per le persone che devono ridurre il livello di colesterolo.
Così come l’Agenzia francese per la sicurezza alimentare, che aveva pubblicato un dossier sul problema dei grassi saturi presenti in quest’olio, poi ripreso nel 2013 dal Consiglio superiore della salute del Belgio. Nel testo si legge: “il consumo eccessivo può avere effetti negativi sulla salute e aumentare il rischio cardiovascolari” e invita i consumatori a preferire i prodotti che contengano pochi acidi grassi saturi aterogeni (ossia quelli contenuti nell’olio di palma in percentuali elevate).
A renderlo ancora più pericoloso è la sua presenza diffusa nella maggior parte dei prodotti che riempiono gli scaffali dei supermercati e delle nostre tavole: prodotti da forno, dolci, torte, snack, cibi per l’infanzia e alimenti per lattanti. L’olio di palma è ovunque. Ma solo da qualche anno possiamo sapere dove si nasconde, da quando una legge ha costretto le aziende a dichiarare l’olio di palma sull’etichetta dei prodotti prodotti.
Da quel momento in poi è iniziato un boicottaggio sempre maggiore dei prodotti che lo contengono. Il sito ilfattoalimetare.it in soli 18 mesi ha raccolto ben 176.000 firme per chiederne la messa al bando. E a nulla è servita la campagna promossa dall’Unione di Palma Sostenibile per tamponare la fuga dei consumatori a cui in breve si è contrapposta la campagna del sito oliodipalmainsostenibile.it e la reazione dei consumatori stessi. Tant’è che oggi, molte aziende hanno deciso di ritirarlo dal mercato: oltre 700 prodotti in breve tempo sono stati etichettati “palm free” e 14 aziende hanno eliminato totalmente questa sostanza dai loro ingrediente.
Un risultato sorprendente: un’azione nata dal basso, cresciuta in Rete e sfociata in quel consumo critico capace davvero di modificare il mercato. Quando si dice che il carrello della spesa è la vera cabina elettorale… non dimentichiamoci mai del potere che abbiamo nelle nostre mani, semplicemente informandoci e scegliendo.
E mercoledì 25 maggio dalle ore 9 alle 13 presso la sala della Regina, alla Camera dei Deputati, in Piazza Montecitorio a Roma, si terrà il convegno dal titolo “Olio di palma insostenibile” a cui parteciperanno esperti della scienza e della medicina, attivisti e ambientalisti. Per chi volesse approfondire o partecipare può trovare maggiori informazioni QUI
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