Da lunedì 14 a giovedì 17 Marzo si è svolto ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, il 18mo Summit sul Microcredito. E’ stato un MACROsummit. I partecipanti: 700 delegati da ogni parte del mondo; la venue: due piani in una delle più prestigiose sedi di tutti gli Emirati, le Etihad towers; gli sponsors: dal Consiglio esecutivo di Abu Dhabi a numerose agenzie delle Nazioni Unite, da fondazioni come Bill e Melinda Gates, alle Banche Centrali di molti paesi fino al Fondo Monetario Arabo; gli ospiti d’onore: dal premio Nobel Muhamad Yunus alla regina Sofia di Spagna…  Insomma, un imponente spiegamento di mezzi a livello globale, con la regia di agenzie private statunitensi che stanno mettendo sempre più il cappello sull’universo del Microcredito. Europa e BRICS: assenti.

Tema di questo convegno: “Innovazioni di frontiera sull’inclusione finanziaria”. Obiettivo generale della Campagna: inclusione sociale di 2,5 miliardi di poveri che, attualmente, non hanno accesso al benché minimo servizio di credito.

Confesso che, avendo esperienza ultradecennale di microcredito a livello basico in Tanzania, ero assai prevenuto contro quel genere di sovrastrutture che, nella migliore delle ipotesi, divorano l’80 e più percento delle risorse solo per mantenere se stesse. Dice il proverbio: “di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno”e, se dovessi giudicare dalla grandiosità e dal lusso di questa manifestazione in ogni piccolo dettaglio, non potrei che confermare il pregiudizio di partenza.

Poi, partecipando ai lavori e facendo la tara al linguaggio “politically correct” che era di rigore sia in plenaria che nelle sessioni dedicate, ho percepito in gran parte dei relatori una tensione etica che, credo, nessuno possa permettersi di giudicare non sincera. E le conferme più positive mi sono venute proprio dal mondo musulmano che ovviamente dominava in questa 18ma edizione. L’equazione”microcredito sta a donna come islam sta a maschio” è stata messa a dura prova in molte occasioni. Non perché non sia fondamentalmente vera ma perché, una volta effettuata la doverosa contestualizzazione culturale, la donna e il microcredito ne sono usciti decisamente a testa alta. Ho avuto il privilegio di conversare a lungo con alti dirigenti di banche e istituzioni finanziarie islamiche, e ho avuto conferme autorevoli che, a parte le dispute filologiche sulla presenza o meno dei tassi di interesse, la finanza islamica mantiene una tensione etica, e precisi meccanismi di controllo, che la collocano ben al di sopra della perversa finanza occidentale. Io che, da buon padovano, vado fiero di avere nella mia città Banca Etica, una delle poche istituzioni simili in Europa, ho dovuto constatare ancora una volta che in qualsiasi angolo del mondo ci sono sedi e filiali e sportelli delle “banche etiche” islamiche.

AGFUND, la fondazione del Golfo leader di questa manifestazione, ha premiato i quattro migliori progetti:

4° premio (50.000 US$): Programma per l’artigianato familiare, Arabia Saudita.

3° premio (100.000 US$): Programma per l’impresa familiare, Bahrein.

2° premio (150.000 US$): Programma per la conservazione del patrimonio culturale, Palestina.

1° premio (200.000 US$): Donne per abitazioni ecosostenibili, Nepal.

Ora AGFUND incomincia a raccogliere le candidature per la prossima edizione che avrà un titolo, se possibile, ancora più scandaloso: “Capacitazione (empowerment) e integrazione sociale dei rifugiati e degli sfollati”. Qui ogni possibile pregiudizio anti-islamico crolla per lasciare solo un profondo senso di vergogna e di colpevole impotenza in qualsiasi cittadino di questa Europa: tanto presuntuosa da distribuire pagelle a destra e a manca; tanto autolesionista da partecipare alla sistematica destabilizzazione di ogni ordine costituito nel Nordafrica e Vicino Oriente, tanto affarista da vendere armi sia ai “dittatori” che ai “terroristi”.