Dal carcere di Aleg, a 250 km dalla capitale della Mauritania Nouakchott, giungono notizie poco rassicuranti sullo stato di salute di Biram Dah Abeid, storico attivista anti-schiavitù e leader del movimento IRA (Iniziativa per la Rinascita del Movimento Abolizionista).

Biram Dah Abeid, prigioniero per motivi politici dal novembre 2014, sta soffrendo di ernia del disco, ipertensione, seri dolori all’addome e pesanti disturbi del sonno. Queste condizioni sono aggravate da vertigini e da gravi difficoltà nella deambulazione. Il 25 agosto scorso è stato sottoposto a visite mediche nell’ospedale di Aleg, a seguito delle quali sarebbe dovuto essere trasferito d’urgenza nel nosocomio della capitale.

Fonti a lui vicine riportano che il regime mauritano gli sta impedendo ogni accesso alle cure mediche, nonostante l’evidente aggravamento delle sue condizioni. Le uniche visite che può ricevere, da detenuto, sono quelle di sua moglie, che per sole due volte a settimana è autorizzata a portargli del cibo, non essendo Biram adeguatamente nutrito dall’amministrazione penitenziaria. Strettamente sorvegliato e maltrattato, non può abbandonare neanche per un attimo la sua cella del carcere di massima sicurezza.

L’IRA Mauritania, con le sue sezioni europee e supportata da numerose organizzazioni per la difesa dei diritti umani quali la FIDH (Fédération Internationale des ligues des Droits de l’Homme), ha lanciato un SOS all’opinione pubblica internazionale, alla società civile e ai governi per salvare Biram Dah Abeid e reagire a questo trattamento disumano a lui riservato, che viola qualsivoglia convenzione relativa ai diritti dell’uomo, tra l’altro sottoscritte dalla stessa Mauritania. L’obiettivo è fare pressione sul presidente mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz affinché consenta un adeguato accesso alle cure in ospedale a Biram e a tutti i difensori dei diritti dell’uomo mauritania, e affinché liberi immediatamente tutti gli attivisti, in tutta evidenza detenuti non per aver commesso reati ma per la loro sola attività di difesa dei diritti umani.

Premiato in diverse occasioni per la sua lotta nonviolenta contro lo schiavismo del regime mauritano e per le sue azioni di affrancamento delle persone ridotte in schiavitù, in maggior parte appartenenti all’etnia harratin, Biram Dah Abeid è detenuto dal 25 novembre 2014 insieme al suo vice, Brahim Bilal Ramdane. L’arresto dei due militanti, e di numerosi attivisti legati all’IRA e ad altre organizzazioni per i diritti civili, è avvenuto in occasione di una carovana pacifica antischiavista, che l’11 novembre aveva fatto tappa a Rosso ed era stata interrotta dalle autorità.

Solo lo scorso 20 agosto, a seguito di vari farseschi rinvii, si è tenuto un processo che ha confermato la condanna a 2 anni di detenzione per i due esponenti di primo piano dell’IRA. Lo stesso processo si è svolto in condizioni di dubbio rispetto dello Stato di diritto: l’imposizione di due avvocati d’ufficio ha impedito ai legali di Abeid e Ramdane di attuare la loro difesa in tribunale, mentre la sede scelta per il processo, Aleg, è stata scelta arbitrariamente e senza tener presente i legami con i fatti accaduti o la residenza degli imputati.

Tenere accesi, in queste ore, i riflettori su quanto avviene in Mauritania è quantomai decisivo, non solo per la popolazione del Paese che è sottoposta a trattamenti indegni di questo secolo e del genere umano, ma per la difesa dei diritti di tutta l’umanità.

Far sentire la propria vicinanza e il proprio sostegno a Biram e Brahim può far compiere grandi passi nella lotta contro la schiavitù e l’ingiustizia.

 

Per firmare la petizione internazionale su Avaaz che chiede la liberazione dei detenuti, clicca qui.

 

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