Kusno Sosrodiharjo, noto come Sukarno, conosceva una frase in italiano: vivere pericolosamente. Chiamò il discorso che tenne il 17 agosto 965 in occasione della festa nazionale il 17 agosto: the year of living dangerously, l’anno del vivere pericoloso.

Molte furono, allora nel 1965, le decisioni di Sukarno, ritenute pericolose dall’ imperialismo americano:

  • Il primo agosto fu riconosciuto uno dei nemici più importanti degli Stati Uniti, il Nord Vietnam.
  • Fu rafforzata una politica estera che privilegiava i rapporti con Pechino , Hanoi e Pyongyang e nazioni non allineate, ma non amiche degli Stati Uniti, come Algeria, Jugoslavia ed altre.
  • Fu intensificato il confronto anche armato con la Malesia, considerato uno strumento di penetrazione dell’imperialismo nell’area d’influenza indonesiana.
  • Si allacciarono rapporti più stretti con il Pki (Partito comunista indonesiano) .
  • Si tentò di mettere in atto la riforma agraria anche con l’occupazione delle terre.
  • Crebbero il movimento operaio e quello degli studenti con nuove lotte e rivendicazioni.

Lo sviluppo della democrazia guidata, ma socialmente avanzata, non fu certamente aiutata da una crisi economica provocata e via via aggravata dal taglio degli aiuti e dal sabotaggio dell’Occidente, e fu violentemente troncata da un complotto e da un colpo di stato, che con tutta probabilità fu una provocazione inventata. La dinamica è ben raccontata/confessata dall’analista della Cia Helen Louise Hunter nel suo rapporto pubblicato nel libro «SUKARNO AND THE INDONESIAN COUP: THE UNTOLD STORY» (può essere ordinato da Amazon).

Il pretesto per la sanguinaria controrivoluzione si verificò il 30 settembre 1965: il colpo di Stato di un quartetto di colonelli che proclamò «un governo rivoluzionario» dopo aver giustiziato alcuni membri dello stato maggiore della fazione di centro destra.

Suharto, responsabile delle truppe riserviste nazionali (KOSTRAD), il giorno dopo – cioè il 1 ottobre 1965, prese il controllo di Jakarta e iniziò la repressione. Il coinvolgimento della Cia, dell’ambasciata degli Stati Uniti, così come dei servizi segreti britannici sono provati. Furono gli Stati Uniti a contribuire alla formazione per la guerra contro-isurrezionale degli ufficiali indonesiani nella Scuola ufficiali a Bandung (SESKOAD). La Cia svolgerà inoltre un ruolo chiave nell’elaborazione della propaganda anticomunista dei golpisti, non solo facendo circolare false notizie sulle atrocità commesse dai comunisti, ma fomentando l’ odio razziale contro i cinesi o religioso contro gli atei. L’ambasciata e l’intelligence degli Usa avevano anche stilato un elenco di 5000 quadri di tutti i livelli del Pki per l’esercito indonesiano, facilitando così la distruzione fisica di questo partito.

La bibliografia su questo periodo, oltre il libro citato, è ampia con un ventaglio di punti di vista.

Consigliati tra i tanti:

«INDONESIAN COMUNISM UNDER SUKARNO, ideology and politics 1956 1965» di Equinox Publishnig, Londra.

«SUKARNO’S CONFRONTATION WITH THE UNITED STATES DECEMBER 1964 – SEPTEMBER 1965» della C.I.A.

e

«THE DESTRUCTION OF THE INDONESIAN COMMUNIST PARTY IN 1965 AND THE ROAD NOT TAKEN» che analizza la responsabilità storica del Pki per il colpo di stato e per non aver portato a fondo il processo rivoluzionario:

Dopo il colpo di Stato l’esercito indonesiano con l’aiuto degli Stati Uniti, lanciò una campagna – che durò un anno – per sterminare leder comunisti, funzionari, membri e simpatizzanti del Pki. Alla fine il bagno di sangue decimò anche il movimento sindacale, intellettuali e artisti, i partiti democratici, leaders studenteschi, giornalisti, persone di etnia cinese nonché uomini donne e bambini che si erano trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Secondo molte stime il bagno di sangue portò al massacro di oltre un milione di persone. Molti corpi vennero gettati nei fiumi, seppelliti in fretta o abbandonati ai lati delle strade. Alla strage parteciparono anche squadre della morte private come la Gioventù Pancasila, che contava milioni di aderenti.

I responsabili, dal genocida numero uno, il generale Suharto, all’ultimo degli assassini di strada, non sono stati mai puniti. Sotto la dittatura di Suharto ogni riferimento agli eventi del 1965 era vietato e ancor oggi viene largamente taciuto. Ma qualcosa inizia a muoversi. I cadaveri tornano a galla. Un rapporto della Commissione nazionale indonesiana per i diritti dell’uomo (Komnas-HAM) riconobbe nel 2012 per la prima volta la repressione anticomunista del 1965 come crimine contro l’umanità. È un primo passo importante, ma il cammino per arrivare a riconoscere i crimini commessi è ancora lungo e non privo d’ostacoli. Significativo è quanto è accaduto recentemente. Su ordine del presidente Jokowi gli orgnaizzatori dell’ Ubud Festival, una manifestazione culturale indonesiana, hanno dovuto cancellare l’ evento del 29 ottobre sul genocidio del 1965 e la proiezione di The Look of Silence di Joshua Openheimer.

Concludo indicando i links con due ottimi film/documentari del regista Joshua Openhaimer, che raccontano il genocidio.

The Act of Killing

https://m.youtube.com/watch?v=3tILiqotj7Y

The Look of Silence

https://m.youtube.com/watch?v=h4vxeArBmSs

Joshua Oppenheimer è un regista americano che vive a Copenhagen. Il suo film d’esordio, The entire history of the Louisiana purchase (1997) ha vinto il Gold Hugo al Chicago International Film Festival (1998). Dal 2004 al 2012 ha prodotto una serie di film in Indonesia. Nel 2012 è uscito il suo documentario The act of killing, proiettato in anteprima al Telluride Film Festival. Il film ha ricevuto numerosi premi in tutto il mondo, tra cui: European Film Award per il miglior documentario, Panorama Audience Award, premio della Giuria Ecumenica al Festival di Berlino, Robert Award della Scuola Nazionale di Cinema della Danimarca. The act of killing è stato inoltre candidato agli Oscar come miglior documentario. Il suo ultimo film The look of silence (2014), che si ricollega ai fatti del precedente (il massacro in Indonesia degli oppositore del generale Suharto), è stato in concorso alla 71ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Gran Premio della Giuria, il premio FIPRESCI, il Mouse d’Oro della critica online italiana e il Premio Miglior Film dell’Area Europea e Mediterranea.