Il deputato ecologista europeo Yannick Jadot suona il camanello d’allarme sul trattato transatlantico e ricorda quella che ne è l’essenza primaria: un grande arretramento democratico, “una regolamentazione imposta dalle multinazionali al posto di una regolamentazione democratica!”

Yannick Jadot è un deputato europeo (EELV, Europa Ecologia-I Verdi), vicepresidente della Commissione per il commercio internazionale. Ha appena publicato Climat : la guerre de l’ombre

Se applichiamo il precetto gandhiano “il fine è nei mezzi come l’albero è nel seme” al trattato di libero scambio transatlantico, allora possiamo legittimamente affermare che questi negoziati si tradurranno in un vero buco nero democratico.

La nostra sovranità trasferita alle multinazionali

Lanciati nell’estate del 2013, i negoziati commerciali tra l’Unione europea e gli Stati Uniti non riguardano che marginalmente gli scambi di beni e servizi poiché, con l’eccezione di alcuni settori (tra cui, per fortuna, l’agricoltura), il libero scambio è già la regola. L’obiettivo del presente trattato è quello di armonizzare le norme tra le due sponde dell’Atlantico. Lodevole obiettivo se fosse limitato alle dimensioni degli specchietti delle automobili o all’eliminazione di procedure amministrative inutili. Ma gli standard e le norme oggetto di questi negoziati sono spesso il risultato di scelte fatte democraticamente dai cittadini, a partire dai servizi pubblici per arrivare al principio di precauzione.

L’obiettivo è forse quello di costruire un partenariato sui più alti standard nella lotta contro il cambiamento climatico, in materia di protezione dei lavoratori, della salute, dei dati personali, accesso all’acqua o alla formazione, in materia di lotta ai paradisi fiscali e di supervisione bancaria e finanziaria? Si intende arrestare lo yo-yo dei tasso di cambio o pesare insieme negli organismi multilaterali incaricati di regolare i disordini del mondo o di impostare modalità di sviluppo che rispettino le donne, gli uomini e la natura?

Niente di tutto questo è all’ordine del giorno dei negoziati. Lungi dal ridare potere ai cittadini e agli organi democratici, l’obiettivo del TAFTA/TTIP è trasferire ulteriormente parte della nostra sovranità alle imprese multinazionali per facilitare il loro business e accrescere la loro presa sulla nostra società.

Parodia di democrazia

Non ci si può meravigliare di tale agenda quando conosciamo la salienza delle multinazionali a monte e nei negoziati, mentre la società civile e l’opinione pubblica devono accontentarsi di briciole di informazioni e di considerazione: mandato di negoziazione inaccessibile al pubblico per sedici mesi, l’iniziativa europea contro il TAFTA/TTIP (firmata da oltre 2 milioni di persone) respinta, l’opposizione all’arbitrato privato (tramite consultazione pubblica) ignorata. Questa la realtà del trattamento riservato ai cittadini.

Se, sotto la pressione della società civile, la Commissione europea ora diffonde alcuni documenti, siamo ancora ben lontani dall’obiettivo desiderato. Infatti, i documenti riguardanti i negoziati su cui europei e americani si stanno accordando, quelli che dicono la realtà dei compromessi raggiunti, sono accessibili in Europa solo a poche decine di persone e a condizioni rocambolesche. Un ministro del commercio europeo che voglia accedervi deve andare… all’Ambasciata degli Stati Uniti! Quanto agli eurodeputati, solo un ventina vi hanno accesso, in sale di lettura sorvegliate, senza una squadra per analizzare le migliaia di pagine di testo giuridico e senza poterne fare parola all’esterno. Parodia della democrazia!

Ben lungi dai principi gandhiani, Commissione europea e amministrazione statunitense obbediscono piuttosto al detto “chi vuole il fine vuole i mezzi” (Una variante di : Il fine giustifica i mezzi. N.d.T). E per ovvi motivi. Nel voler instaurare tribunali arbitrali che permettano alle aziende di portare in giudizio le autorità locali e gli Stati quando le decisioni pubbliche mettono in forse i loro interessi e profitti, il TAFTA/TTIP intende aggirare gli ordinamenti giuridici pubblici.

Il Parlamento europeo

È noto il caso della Philip Morris che ha preteso dal governo australiano miliardi di dollari di risarcimento a seguito dell’introduzione dei pacchetti neutri. O quello della società americana Lone Pine che ha intentato causa allo stato del Quebec per la moratoria sul gas di scisto, o ancora quello del gigante svedese Vattenfall che chiede alla Germania 4,7 miliardi di euro a titolo di risarcimento per l’uscita dal nucleare!

Al fine di stringere totalmente nella propria morsa il processo decisionale pubblico, il trattato prevede di sottomettere qualsiasi proposta legislativa ad un organismo di cooperazione normativa ancor prima che gli eletti possano pronunciarsi. Così, uno stato o una regione che volesse attuare una legge per tutelare la salute o la biodiversità dovrà prima consultare questa istituzione tecnocratica che deciderà se questa legge non influisce troppo sul commercio fra Europa e Stati Uniti.

Effetti già in atto

Tale trasferimento di sovranità a favore delle imprese ha già effetti sulle politiche pubbliche europee. Sotto la pressione delle multinazionali della chimica e dei pesticidi, la Commissione europea ha ritardato la legislazione sugli interferenti endocrini. E ciò, nonostante l’emergenza sanitaria. La stessa Commissione, che non ha mai nascosto il proprio supporto agli OGM, ha smantellato la regolamentazione europea per mettere gli Stati direttamente sotto la pressione delle aziende del settore, nonostante l’opposizione da parte dei consumatori.

Infine, poche settimane dopo l’annuncio della fine dei negoziati tra Europa e Canada (il “piccolo” TAFTA), la Commissione ha fatto marcia indietro rispetto alla propria intenzione di sanzionare, nella direttiva sulla qualità dei carburanti, le importazioni di combustibili canadesi, estratti dalle estremamente inquinanti sabbie bituminose. E questo a pochi mesi da COP21!

Il TAFTA/TTIP è quindi una trattativa sugli spazi democratici: chi decide ancora le regole della vita comune nella globalizzazione attuale? Il trattato transatlantico ha scelto: la regolamentazione imposta dalle multinazionali al posto della regolamentazione democratica!

La buona notizia arriva da cittadine e cittadini che, sempre più numerosi, si impadroniscono di questo dossier. In tutta Europa, città e regioni votano risoluzioni “zona no-TTIP”. Le associazioni dei consumatori e i sindacati, su entrambi i lati dell’Atlantico, esprimono critiche sempre più forti, e persino organizzazioni delle PMI esprimono riserve, mentre vari Parlamenti nazionali votano risoluzioni negative su questa negoziazione.

Ed è solo sotto la pressione dal suo Presidente, Martin Schulz, e per il voltafaccia di una parte dei social-democratici, che il Parlamento europeo continua a sostenere questo progetto. Due anni dopo il suo lancio, l’entusiasmo per il TAFTA/TTIP è scemato. La mobilitazione paga. La democrazia resiste!

La grande petizione anti-TAFTA/TTIP ha già raccolto oltre due e mezzo milione di firme di cittadini europei, vedi qui

Leggi anche: Il nostro DOSSIER: Traité transatlantique de libre-échange, dit TAFTA

Fonte: Mail a Reporterre

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Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza