venerdì 14 agosto – di Ermenegildo Cocco

Il grande filosofo agrigentino ebbe delle intuizioni geniali su cui ancora oggi si può riflettere, in particolare per quanto riguarda la condanna dell’immoralità e della violenza; soprattutto dal punto di vista etico fu precursore di Democrito, Socrate, Platone, e Kant.

Uomo di nobili origini e di notevole vigore morale (rinunciò a una vita di agi e, pare, anche ad un regno che gli sarebbe stato offerto, per dedicarsi completamente alla filosofia), Empedocle fu uno dei pensatori più geniali ed eclettici dell’antichità greca: inventò la retorica e, oltre che medico e scienziato, secondo Aristotele sarebbe stato anche un poeta “omerico e grave nelle espressioni”. Tra i suoi allievi è da ricordare il sofista Gorgia di Lentini.

Vissuto ad Agrigento nel V sec. a. C., scrisse almeno due poemi filosofici, Sulla natura e Le purificazioni; di questi purtroppo ci è giunto solo un piccolo numero di frammenti e testimonianze. Altre sue opere sono perdute.

La sua morte, avvenuta in circostanze misteriose, è avvolta nella leggenda: pare che una notte, seguendo le indicazioni di una voce imperiosa, fosse improvvisamente ammaliato da una luce accecante e sparisse; secondo lo scrittore Timeo, invece, sarebbe scomparso dopo un viaggio nel Peloponneso, mentre per altri, come ad es. Ippoboto, si sarebbe suicidato gettandosi nel cratere dell’Etna per farsi passare per una divinità, ma poco dopo il vulcano avrebbe rigettato uno dei suoi calzari di bronzo (quest’ultima versione della sua morte fu raccolta da Orazio e inserita nel De arte poetica).

Non c’è certezza neanche sull’età in cui morì, in quanto per Aristotele sarebbe morto verso i sessant’anni, mentre per altri visse per ben centonove anni: anche questo alimentò il già notevole fascino della sua persona.

La sua figura è ricordata in tutte le epoche storiche: nel I sec. a.C. Lucrezio lo lodò nel primo libro del suo De rerum natura; nel Trecento Dante lo inserì nel IV canto dell’Inferno tra gli “spiriti magni”; nel Rinascimento Raffaello lo raffigurò nella Scuola di Atene. In epoca romantica, poi, Goethe e Hegel lo tennero in notevole considerazione, mentre il poeta Friedrich Hölderlin volle dedicargli un frammento drammatico di notevole valore (Der Tod des Empedokles). Anche il poeta inglese Matthew Arnoldcompose un poema in suo onore (Empedocles on Etna).

Empedocle propose una distinzione tra gli elementi (eterni e statici) e i composti (mutevoli, quindi destinati a scomparire): in tal modo riuscì a superare il contrasto tra la concezione dell’Essere di Parmenide (basata sulla stasi) e il divenire di Eraclito (caratterizzato dal dinamismo). Per lui, infatti,la realtà sarebbe derivata da quattro radici o elementi: l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco, che insieme rappresentano il principio materiale. Questi elementi sono mossi da due forze: l’Amicizia (fonte di attrazione) e la Discordia (causa di separazione), che costituiscono i “principi formali” responsabili del ciclo cosmico, per cui la nascita è “l’unione”, mentre la morte è “separazione”.

Nella prima fase del ciclo cosmico, detta dello “Sfero”, domina l’Amicizia, non c’è alcuna determinazione e non c’è ancora la vita. La seconda fase è caratterizzata dalla lotta tra l’Amicizia e la Discordia e dalla comparsa della vita; nella terza si impone la Discordia e la vita si spegne. L’ultimafase ripresenta il contrasto tra l’Amicizia e la Discordia e così ricompare la vita. Poi il ciclo si ripeterà all’infinito. Questa concezione è molto significativa, perché ci dà un’idea della visione ciclica della temporalità elaborata dai Greci (al contrario la concezione moderna del tempo è lineare).

Per quanto concerne la gnoseologia, il filosofo di Agrigento attribuiva una fondamentale rilevanza alla conoscenza sensibile ed elaborò l’originale tesi secondo cui “il simile si conosce con il simile”, così ad es. noi conosciamo l’elemento acqua presente in un oggetto perché il nostro corpo, così come tutti gli altri oggetti ed esseri viventi presenti nel nostro mondo materiale, è fatto anche di acqua.

Influenzato dai Pitagorici, credeva nella metempsicosi, cioè nella trasmigrazione delle anime, considerando il corpo fondamentalmente come “ terra che cinge l’uomo”.

Empedocle, come emerge dai pochi frammenti in nostro possesso, esecrava la violenza, le lotte tra le fazioni politiche (per Neante di Cizio riuscì a portare alla concordia i suoi concittadini dilaniati da feroci lotte politiche) e soprattutto la guerra, vista come un qualcosa di atroce e di indegno dell’uomo civile, anzi come una calamità che non può che nascere dall’ignoranza e dalla stupidità: “Non vedete che vi divorate reciprocamente per la cecità della mente?”. E ancora: “Ai malvagi è abituale questo, il voler prevalere negando fiducia a ciò che è vero”.

Secondo la filosofia empedoclea l’uomo dovrebbe guardarsi dal compiere il male soprattutto per conservare il rispetto per se stesso, in modo da non dover un giorno vergognarsi per le proprie azioni scellerate (“Ecco perché, turbati da gravi colpe, mai alleggerirete l’animo dalle tristi angosce”; “Siate digiuni di colpa!”), anticipando così alcune nobili riflessioni morali di Democrito, Platone e Kant.

In un altro frammento sostiene che noi siamo in qualche modo determinati soprattutto da quello che consideriamo: “Giacché la mente s’accresce agli uomini a seconda di quello che ha presente”, per cui si potrebbe anche dire che sono le nostre aspirazioni a elevarci o degradarci. L’uomo, quindi, grazie alla sapienza, potrebbe aumentare le sue capacità e questo gli consentirebbe anche di dominare almeno in parte la natura. Non a caso per Timeo il filosofo di Agrigento sarebbe stato in grado di placare la forza del vento (secondo una leggenda, fece costruire degli otri che collocò in modo strategico su dei colli e stupì tutti gli astanti quando in breve tempo l’aggressività del vento si spense del tutto), per cui fu celebrato come “domatore dei venti”. Secoli più tardi Francis Bacon scriverà: “Sapere è potere”.

In conclusione, non sembra eccessivo sostenere che Empedocle abbia proposto una sorta di “ecologia dello spirito”, in quanto per lui ogni essere vivente che incontriamo nella nostra esistenza dovrebbe essere rispettato: questo, in sintesi il senso della sua filosofia, perché i pensieri e le parole potrebbero trasformarsi in azioni: sta a noi scegliere il bene piuttosto che il male. Solo così potremo vivere da uomini degni di questo nome ed essere in pace con noi stessi e gli altri.

Su Empedocle: DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, a cura di M. Gigante, Laterza, Bari 1962; E. DIELS-W. KRANZ, I Presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, 2 voll., Laterza, Bari 2000; EMPEDOCLE, Poema fisico e lustrale, a cura di C. Gallavotti, Mondadori, Milano 1975.

Nella foto: Empedocle (dal Liber Chronicarum, Norimberga 1493).

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