Il governo nepalese ha diffuso il primo bilancio del dopo-terremoto, mirato alla ricostruzione ma che soprattutto evidenzia la scarsità di risorse disponibili.

Dell’equivalente a 8,19 miliardi di dollari, un miliardo è destinato a finanziare la fine dell’emergenza e il recupero dell’economia nepalese attraverso sussidi e prestiti a basso interesse. Di questa somma, 740 milioni andranno al fondo per la ricostruzione nazionale e 170 milioni al recupero di abitazioni, scuole ed edifici pubblici.

Il ministro delle Finanze Ram Sharan Mahat ha affermato oggi di fronte al parlamento di Kathmandu che l’esecutivo intende completare la ricostruzione in un quinquennio con una stima complessiva di 6,7 miliardi, di cui 4,4 già approvati dai paesi donatori.

Un impegno ingente per il paese himalayano, una delle economie più povere del continente asiatico, la cui crescita prevista del Pil è stata per quest’anno ridotta al 3%. Dietro l’arretratezza del paese non solo inefficienza, burocrazia e corruzione, con una parte del bilancio annuale non speso per ritardi o incompetenza, ma anche la cronica mancanza di qualificazione della popolazione che ha nell’emigrazione un’importante valvola di sfogo della disoccupazione, in particolare giovanile e intellettuale.

Per questo, il governo ha deciso di avviare l’addestramento di 50.000 nepalesi che possano insieme contribuire in modo efficace alla ricostruzione e costituire il nucleo del rilancio sociale ed economico del paese.