Di Aitor Sáez per eldiario.es

“Fascista!” grida Nikos a un palmo da una degli avvocati del partito neonazista Alba Dorata. Lunedì 20 aprile circa 700 manifestanti si sono radunati davanti alle porte del carcere di massima sicurezza di Korydalós, fuori Atene, per seguire il processo ai dirigenti di Alba Dorata, accusati di partecipazione a un’organizzazione criminale e dell’omicidio del rapper Pavlos Fyssas, avvenuto nel settembre 2013.

Il processo si prolungherà ancora. La presidente del Tribunale lo ha rinviato al 7 maggio perché uno degli imputati non aveva un avvocato. A questa prima udienza erano presenti solo 44 dei 69 accusati. Tra gli assenti il capo del partito ultranazionalista, Nikolaos Mijaloliakos e la maggioranza degli altri dirigenti, rappresentati dai loro avvocati.

Anche l’antifascista Nikos, soprannominato Monimos Katoikos, è un rapper e conosceva Pavlos Fyssas, con cui si era esibito in varie occasioni. “Era un tipo fantastico; abbiamo passato insieme momenti bellissimi. Non meritava di morire per mano di questi assassini”, afferma snervato il manifestante, presente fin dalle otto del mattino alle porte del penitenziario circondato da imponenti forze di polizia. “Siamo qui soprattutto per appoggiare la famiglia di Pavlos, che con il processo ha dovuto rivivere la morte del figlio ed è molto scossa”, spiega Nikos dalla prima linea della protesta, proprio di fronte alla polizia. 

El juicio al neonazi griego Amanecer Dorado comienza con un aplazamiento

L’aula del processo, all’interno di una prigione.

 

La madre di Fyssas è stata uno dei primi testimoni entrati in aula. Si sono presentate 92 persone, delle 131 chiamate a testimoniare. Il maxi-processo si è tenuto in un’aula di piccole dimensioni all’interno di un penitenziario situato a pochi metri da una scuola, una scelta che ha suscitato le critiche del quartiere. Il sindaco locale, Stavros Kasimatis, ha chiesto che il processo venga trasferito altrove.

Un po’ appartati rispetto al nucleo della protesta, si radunano un centinaio di membri del PAME, il sindacato legato al Partito Comunista, oggetto di numerose aggressioni da parte di gruppi neonazisti. “Due anni fa sono entrati nella nostra sede di Pérama [quartiere del Pireo] e hanno picchiato diversi miei compagni”, racconta Dimitris Pappas, uno dei sindacalisti.

 

Come molti altri dei presenti, anche il membro del PAME pensa che gli imputati “non finiranno in prigione” e che “la paura della gente non finirà.” Gli risulta difficile fidarsi della neutralità dei giudici, giacché molti di loro “fanno parte di Nuova Democrazia [formazione di destra al potere nella legislatura precedente] e hanno legami con Alba Dorata”.

 

La militante di Syriza Katherina Giannoulina è d’accordo con Dimitris: “Il governo non ha alcun controllo sui giudici e molti di loro appartengono alle forze tradizionali [Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok] che sono state al potere per anni. L’unica cosa che Syriza può fare per ottenere un processo equo è rafforzare la pressione nelle strade”, sostiene.

 

Dos autobuses de la policía bloqueaban el paso de los manifestantes antes de llegar a la prisión. Foto: Aitor Sáez

Due pullman della polizia hanno bloccato il passaggio dei manifestanti prima di arrivare alla prigione. Foto: Aitor Sáez.

 

Secondo il rapper Nikos l’attività di Alba Dorata dovrebbe essere proibita “perché si tratta di una mafia, non rappresentano il popolo e travisano la storia per convincere i più deboli”. In Grecia tuttavia la Costituzione non prevede la messa fuori legge di formazioni politiche. Rispetto alla possibilità di promuovere un cambiamento legislativo che metta fuori legge Alba Dorata Katherina ritiene che tale opzione  “si ritorcerebbe contro il governo, perché da una parte c’è il rischio che tornino ad agire per strada e dall’altra che i greci la percepiscano come una limitazione della democrazia”.

Ciononostante gran parte dell’opinione pubblica in Grecia e all’estero non riesce a capire come un’organizzazione accusata di compiere omicidi per questioni razziali continui ad avere il diritto di presentarsi alle elezioni.

In prima linea nella protesta, un gruppo di africani regge cartelli con la svastica infranta da un pugno. “Se li mettessero in prigione noi vivremmo più tranquilli”, afferma Jabbi Sadibu, un gambiano che vive ad Atene da quattro anni e ammette di aver paura quando esce per strada. Due anni fa hanno ucciso un suo amico senegalese in piazza Omonia, un quartiere con una grande presenza di immigrati e hanno picchiato molti altri.

“Cerchiamo sempre di muoverci in gruppo, per una questione di sicurezza”, spiega Jabbi. A suo parere negli ultimi due anni la violenza dei neonazisti è diminuita. Un altro problema, secondo il gambiano, è la denuncia alle autorità. “Il più delle volte la polizia ci ignora. Inoltre molti di noi non hanno i documenti in regola e quindi corriamo il rischio di venire arrestati”, racconta.

Dall’altro lato del cordone di polizia sono riuniti un centinaio di sostenitori di Alba Dorata per appoggiare gli imputati. “Vogliamo esprimere solidarietà ai nostri compagni”, dichiara serio il deputato ultranazionalista Fotis Grekos, l’unico dei presenti autorizzato dal partito a parlare con la stampa.

“All’altro capo della strada ci sono manifestanti [antifascisti] che cercano di influire sull’andamento del processo. Date le circostanze non potrà essere un processo equo. Per questo vogliamo che si tenga in un luogo aperto al pubblico e non fuori Atene come adesso.” Secondo Grekos l’accusa si basa su prove false, fabbricate dal sistema giudiziario e quindi “il processo potrebbe essere manipolato e la sentenza ingiusta”.

Tre testimoni sono stati aggrediti, si suppone da membri di Alba Dorata, mentre si recavano in aula. Due di loro sono riusciti ad arrivare in tempo, mentre un terzo è stato ricoverato in ospedale per diverse ore. Mezza dozzina di anarchici presenti alla protesta hanno picchiato un motociclista che passava di là sostenendo che si trattava di un neonazista.

I manifestanti hanno cominciato a ritirarsi senza incidenti quando a mezzogiorno è stato annunciato il rinvio del processo, provocando le proteste dell’accusa. Gli stessi avvocati hanno chiesto il trasferimento in altro luogo. Entro due settimane il carcere di Korydalós ospiterà la seconda udienza di un processo che tiene in bilico gli abitanti della zona, ma preoccupa anche tutto il paese per la sua grande carica simbolica.

Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo