Parla Ruggero Giuliani, coordinatore medico di MSF in Mozambico:Solo l’84% della popolazione urbana e il 37% della popolazione rurale hanno accesso a fonti d’acqua potabile.”

In Mozambico si registrano casi di colera dallo scorso dicembre, ma a febbraio l’epidemia si è rapidamente diffusa, contagiando circa 3.500 persone e uccidendone 37. Nella provincia occidentale di Tete, attualmente il fulcro dell’epidemia, la situazione è preoccupante.

Ruggero Giuliani, coordinatore medico di MSF in Mozambico, ci spiega.

Qual è la portata dell’epidemia di colera in corso in Mozambico?

Delle tre province colpite dal colera (Nampula, Niassa e Tete) la situazione di Tete è la più preoccupante, per numero di casi (1.826 su 3.500), per numero di decessi (24 su 37) e per la velocità di aumento del numero di casi. Un fattore aggravante è che Tete, contrariamente alle altre province, non ha subito epidemie di colera dal 2009, il che significa che gran parte della popolazione è priva dell’immunità protettiva contro il batterio ed è quindi maggiormente a rischio contagio.

C’è il rischio di una nuova epidemia di colera su ampia scala, come quella del 2008 ?

Tete è una regione di snodo per i viaggi. Le persone si spostano di frequente, condividono lingue e culture attraverso le frontiere tra Mozambico, Malawi e Zimbabwe, e vengono in cerca delle opportunità economiche offerte dal recente boom minerario a Tete e nei dintorni. Questa elevata mobilità aumenta il rischio che l’epidemia viaggi insieme alle persone. Sono stati registrati circa trenta casi in Malawi, a quanto pare da lavoratori di ritorno dal Mozambico. Due di loro sono deceduti.

Tuttavia, siamo ancora ben lontani dai numeri dell’epidemia del 2008, che ha ucciso oltre 4.000 persone nella regione. Vanno prese rapide e concrete soluzioni  per ridurre al minimo il rischio di diffusione. Il primo passo da fare è la messa a punto di un sistema di sorveglianza ben funzionante per valutare dove e come la malattia si stia diffondendo.

Come vengono trattati i pazienti di colera?

La maggior parte dei casi di colera può essere trattata con successo reidratando il paziente, per via orale o, nei casi più gravi, per via endovenosa.

MSF ha costruito e gestisce, insieme al Ministero della Salute del Mozambico, due grandi centri di trattamento del colera a Tete (150 posti letto) e a Moatize (45 posti letto), che stanno lavorando a pieno regime. È anche importante decentralizzare le cure per il colera, portandole il più vicino possibile alle comunità colpite per consentire diagnosi e trattamenti più rapidi nei casi lievi, il che è fondamentale per ridurre la gravità della malattia nei singoli pazienti. Ma questo decentramento non è ancora iniziato, anche per la difficoltà di trovare risorse umane sufficienti per presidiare i centri, e il trattamento rimane accessibile solo relativamente lontano dai focolai.

Cosa si sta facendo sul fronte della prevenzione?

Le misure di prevenzione sono importanti quanto il trattamento dei casi, perché hanno un impatto diretto sulla durata e la gravità dell’epidemia. Un’epidemia di colera in genere dura da uno a tre mesi. Il colera si diffonde attraverso l’acqua contaminata, che è il motivo per cui le comunità più colpite sono in genere anche le più vulnerabili, con difficoltà di accesso all’acqua pulita e scarse condizioni igienico-sanitarie. Con servizi igienico-sanitari adeguati, un’epidemia di colera non è molto probabile. Ma in Mozambico solo l’84% della popolazione urbana e il 37% della popolazione rurale hanno accesso a fonti d’acqua potabile.

Attualmente a Tete i focolai dell’epidemia sono le baraccopoli situate lungo il fiume. Ma poiché sono state edificate su duri terreni rocciosi è molto difficile costruire latrine, un elemento cruciale, perché i batteri si diffondono attraverso le feci contaminate. MSF sta supportando il Ministero della Salute attraverso la sensibilizzazione della popolazione al rischio colera e alla sua corretta prevenzione, la ricerca attiva dei nuovi casi nella comunità per limitarne la diffusione e la disinfezione dell’acqua potabile, con speciali procedure, tramite l’aggiunta di cloro capace di uccidere il batterio.