Nel pomeriggio di ieri il parlamento Europeo ha approvato una mozione in 28 punti, un documento che in pratica ci porta a passo di marcia dritti verso una nuova guerra fredda nei confronti della Russia.

Leggendo all’interno della mozione approvata dal parlamento Europeo, oltre alla conferma del rinnovamento delle sanzioni verso la Russia vi si possono trovare alcuni punti che di sicuro raffredderanno  ulteriormente i rapporti con Mosca e faranno alzare il livello di tensione generale:

-Al punto 5 “ Si condanna energicamente la politica definita aggressiva ed imperialista della Russia, che costituisce una minaccia per l’unità e l’indipendenza dell’Ucraina e rappresenta una minaccia potenziale per l’Unione Europea.”

– Al punto 6  “Si richiede la continuazione dell’odierno regime sanzionatorio dell’Unione Europea in particolare in occasione dell’imminente incontro del Consiglio del marzo 2015, dal momento che la Russia non rispetta e manca di aderire pienamente alle obbligazioni assunte, e sollecita la Commissione ad individuare strumenti per aumentare la solidarietà degli stati membri in caso di cronicizzarsi della crisi con la Russia.”

– Al punto 11 “Si ricorda che il 16 luglio il Consiglio dell’Unione Europea ha revocato l’embargo di armi nei confronti dell’Ucraina e che, conseguentemente, al momento non ci sono riserve, e nemmeno restrizioni legali, a che gli Stati Membri forniscano armi difensive all’Ucraina, la cui fornitura  potrebbe essere basata su un accordo di affitti e prestiti.”

Al punto 13   “Si ritiene che l’ UE debba esplorare tutti  i modi per sostenere il governo ucraino a migliorare le sue capacità di difesa e di protezione dei suoi confini esterni, e che ciò sia possibile  solo dalla trasformazione delle forze armate aderenti all’ex Patto di Varsavia  verso un esercito che sia vicino ai membri dell’Unione Europea ed  in particolare da inquadrare all’interno dei piani di addestramento e armamento già previsti e in atto.

– Al punto 19 “Si sottolinea che, fra i progetti energetici, la priorità deve essere assegnata a quelli che diversificano le forniture e accoglie con soddisfazione l’interruzione del progetto South Stream.”  ( Nota: il South stream sarebbe dovuto diventare la nuova linea di  gasdotto che passando dall’Italia avrebbe dovuto rifornire di gas tutta l’Europa del Sud e parte dell’Europa centrale)

Tutto questo rientra chiaramente  all’interno di una nuova escalation di tensione fra Europa e Russia. Tensione che si manifesta  su più piani, come ad esempio nella mattina della stessa giornata di ieri, quando il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato al colosso energetico Gazprom di interrompere le forniture di gas naturale dirette verso l’Ucraina o che comunque attraversano il paese,  l’accusa, stando a un report di Daily Mail, è che Kiev sottrae impropriamente il gas. Gazprom ha così immediatamente tagliato le esportazioni all’Europa del 60%, ed ha interrotto completamente le consegne a sei paesi europei, ovvero la Bulgaria, la Grecia, la Romania, la Croazia, la Macedonia e la Turchia.

L’approvazione di questa mozione, che si può definire alquanto masochista, conferma un definitivo assoggettamento dei governi dell’Unione Europea alle disastrose politiche di potenza esercitate dal governo degli Stati Uniti, che sta spingendo sempre più il piede sull’acceleratore in direzione di uno scontro commerciale, politico e istituzionale nei confronti  della Russia scontro che naturalmente si porta l’Europa appresso e che l’Europa stessa potrebbe trovarsi a pagarne le maggiori conseguenze.

L’innalzamento del salto qualitativo contenuto nella mozione è evidente perché per la prima volta si parla chiaramente e in modo esplicito di rifornire armi, addestramento e supporto logistico allo stato ucraino.

Possiamo perciò affermare che a distanza di 25 anni dalla caduta del blocco sovietico ci ritroviamo nuovamente in un clima che si avvicina sempre più a quella che una volta veniva chiamata “guerra fredda”.

C’è un unico aspetto positivo in questa brutta vicenda ovvero che tutto ciò sta avvenendo all’interno di un quadro europeo sociale e politico molto particolare, dove  la scollatura tra il sentire popolare e i dettami imposti dai  governi va sempre più aumentando.

Da una parte i popoli, con la necessità di poter vivere in pace, di potersi assicurare un futuro di prosperità o comunque di relativa tranquillità economico lavorativa e di pace sociale, dall’altra i governi che con le loro azioni scriteriate, vanno in direzione totalmente opposta, azioni  da cui non si capisce più bene chi o cosa rappresentino, certo non più le necessità e il sentire della maggioranza di 500 milioni d’europei.