Su Milano le previsioni meteo promettono pioggia, ma noi sfidiamo la sorte e decidiamo di lasciare l’ombrello a casa.

Arriviamo in Melchiorre Gioia, sotto il Palazzo della Regione e per un momento ci sentiamo trasportati altrove: forse durante le barricate del ’68, o a un insanguinato G8 genovese: tanto è infatti lo spiegamento di forze dell’ordine che levano i loro scudi a protezione di un becero convegno a cui la Regione ha deciso di concedere il proprio sostegno.

Nel Palazzo si discute infatti sulla difesa della famiglia “naturale”: un’ignorante querelle che sotto la patina da Mulino Bianco cela l’orrore di terapie psichiatriche volte a “curare” l’omosessualità. Il tutto ci ricorda un po’ i fratelli e le sorelle torturati da scienziati folli e morti nei lager nazisti insieme agli ebrei, proprio perché al petto portavano un triangolo rosa.

Ci facciamo largo tra le camionette della polizia, cercandoci e riflettendo silenziosamente sulle parole che Pasolini dedicava a chi imbracciava pistola e manganello: “Vi odio cari studenti…”.

Il presidio è posto a circa 300 metri dal Palazzo della Regione: alle 14 già sventolano le prime bandiere. Sono allegre, colorate e i Sentinelli hanno preparato cartelli da appendere al petto: “ Sono (e qui sei tu a inventarti il nome di un improbabile ospite), Roberto (Maroni, naturalmente), perché non hai invitato anche me?”.

L’ “invitato” più originale è forse il “Bifidus acti regularis” (e lasciamo indovinare il perché: con tutto quel letame che occupa la Regione…); il più “colto” e filosofico è il “Gay naturale” di Gianmaria, che ci ricorda quanto in realtà nel palazzo del potere si discuta di aria fritta: basterebbe una superficiale lettura di qualche testo di antropologia per rendersi conto di quanto la presunta “naturalità” sia artificio umano, impugnato dal più forte per giustificare la propria detenzione del potere.

Ma sulla piazza i nostri diritti li rivendichiamo sorridendo: Luca Palladino dei Sentinelli invita sul palco persone di ogni età, estrazione sociale, genere: c’è una Sentinella di 71 anni, c’è quello che viene da Varese e ci invita nella sua città; c’è la giovane cantante dalla voce sottile e dolcissima che inventa lì per lì un accattivante ritornello contro l’omofobia e poi c’è il fantastico e applauditissimo Coro Gay…

La piazza si riempie sempre più e al momento del primo flash mob ci si cerca, ci si tiene per mano: si bacia la propria compagna o il proprio compagno, dimostrando al mondo il proprio amore. Un bacio li seppellirà, dicono dal palco.

E amore è proprio quel che si legge sui volti e negli occhi di tutti: “Ama il prossimo tuo” recita un cartello; sì, è stato detto millenni fa, ma quanto è stata fraintesa questa frase, quanto è stata usata per portare odio al posto dell’amore…

E poi ci sono le lenzuola appese a un muro dove disegnare il cuore, lasciare il proprio nome insieme a quello dell’amato/a; ci sono i bambini, tanti bambini, con due mamme o due papà, a sfidare ingiuste leggi, portati sulle spalle dei genitori, tenuti per mano, impegnati a distribuire cuoricini.

Gli interventi sul palco si susseguono: parla l’assessore Majorino, a nome della Milano che vorremmo e vengono citate le associazioni presenti: sono tantissime, arrivate da tutta Italia. Si ricorda chi per colpa dell’omofobia si è tolto la vita e si riflette su come l’Italia sia sprofondata nel Medioevo rispetto al resto d’Europa.

Vola il tempo e si arriva al flash mob finale: innalziamo al cielo il nostro cuore con dentro l’uguale (sì, siamo tutti uguali davanti alla legge, tutti uguali davanti all’amore…), cantando l’allegro inno dei Sentinelli: è proprio così, cara mamma, la vita è troppo breve e bella per passarla muto e in piedi come una sentinella…

Mentre suonano le ultime canzoni lasciamo la piazza sotto lo sguardo dei poliziotti che bloccano via Melchiorre Gioia, loro per primi increduli di dover imbracciare gli scudi contro l’amore.

Non ha piovuto. Forse pioverà, ma non oggi. Oggi si è quasi intravisto il sole.

Alessia Fabrizi