Max Otte è un noto economista tedesco che nel 2011 ha scritto un breve e illuminante saggio contro l’oligarchia finanziaria europea, che è ancora molto attuale.

 

Il titolo del libro di Otte, “Fermate l’euro disastro!” (www.chiarelettere.it, 2011), non coglie la causa originaria degli attuali problemi economici e finanziari europei. Il virus dei debiti è stato diffuso dalle grandi banchi d’affari, principalmente americane, ma non solo: “banche commerciali, debitori privati, agenzie di rating, revisori dei conti e politici… tutti sono stati al gioco” (p. 21). Fino a quando ci saranno banche infette ancora attive nelle speculazioni truffaldine, stampare denaro non porterà a nulla di buono: se non si toglie il morto, serve a poco gettare il cloro nella piscina.

Max Otte non ama l’euro, come buona parte dei cittadini tedeschi. Però i cittadini non hanno sempre ragione. Del resto i tedeschi e gli italiani sono famosi per le cattive emozioni espresse a livello politico e per la limitata razionalità dei loro approcci internazionali. Non è l’euro a causare gli attriti economici: è la sua cattiva gestione in un momento critico a creare problemi.

Il problema è psicologico, mediatico e politico. Far uscire la Grecia o un altro paese fuori dall’euro non sarebbe una cosa preoccupante: altri paesi dell’Unione Europea non fanno parte dell’attuale unione monetaria che è un sistema flessibile ricalibrabile. Il Regno Unito, la Danimarca, la Svezia e i grandi paesi dell’Europa dell’Est non adottano l’euro. D’altra parte la Slovenia ha aderito dal 2004, la Slovacchia dal 2009, l’Estonia dal 2011, la Lettonia dal 2014 e la Lituania dal 2015.

Probabilmente la cosa più razionale da fare sarebbe la conservazione dell’euro, con l’eventuale uscita della sfortunata Grecia, o della rigida Germania, che a quanto pare non ha abbandonato la doppia denominazione del credito bancario nazionale nei conti correnti, che viene calcolato anche in marchi (Roberto Sommella, “Milano Finanza”, 2 ottobre 2012).

Ma i politici e i cittadini tedeschi potrebbero poi pentirsi amaramente della scelta a causa del calo delle loro esportazioni in Europa e forse anche nel Mondo. In ogni caso, in questi anni sempre più tristi, “La maggior parte degli economisti è diventata complice [in forma conscia o inconscia] di un sistema distruttivo. Come una casta di preti del capitalismo, essi legittimano le manovre più spericolate e recitano il mantra del mercato infallibile, facendo così gli interessi dell’oligarchia finanziaria” (p. 16). “La cosa più rivoluzionaria oggigiorno, è il fatto di pensare” (Jesùs Ballesteros).

Niente di strano per i primati umani, se pensiamo che ai tempi di Stalin quasi tutti gli accademici russi pensavano di vivere nel migliore dei mondi possibili, mentre buona parte degli scrittori fu fatta sparire dalla circolazione. Inoltre ai tempi di Mussolini quasi tutti i professori universitari giurarono fedeltà al regime: solo dodici su mille si rifiutarono e persero il lavoro.

E siccome il mercato è fatto di uomini e di imprese, e nessuno è infallibile, anche le grandi banche possono fallire e fare la fine del Titanic, dove una mano armata dalla superbia aveva scritto sulla prua le seguenti parole: “Questo non lo affonda neanche Dio”. Tuttavia in caso di fallimento di una banca l’unico modo per evitare guai peggiori è quello di mantenere gli attivi dei privati e delle aziende correntiste e trasferirli in un’altra banca a scelta del cliente. Naturalmente le azioni e le obbligazioni di quella banca verrebbero quasi azzerate e perdute, ma questo è il male minore.

Per quanto riguarda le abilità finanziarie, ci sono due scienziati non ortodossi, Richard Wiseman (http://richardwiseman.wordpress.com) e il premio Nobel Daniel Kahneman, i quali hanno ampiamente dimostrato che nell’attività di quasi tutti gli operatori finanziari non esiste alcuna abilità: gli eventuali successi sono semplicemente legati alla casualità e alla fortuna. Si può approfondire questo fatto “incredibile” in “Psicologia contemporanea” di novembre-dicembre 2011. L’articolo è stato elaborato da Alessandro Pluchino e colleghi: www.pluchino.it. Oppure potete leggere il libro di Wiseman: “Quirkology. La strana scienza della vita quotidiana” (2009).

In realtà i professionisti più saggi sono quelli che sanno di sapere poche cose certe e di conseguenza suddividono il rischio. Quindi oggigiorno l’unico business sicuro sarebbe quello di comprare operatori finanziari per ciò che valgono e poi rivenderli al valore che credono di avere.

Comunque ci sono azioni semplici e concrete in grado di riequilibrare l’attuale sistema finanziario e manca solo la volontà politica. La situazione peggiorerà se i principali economisti e i leader politici continueranno a fare gli autisti e le guardie del corpo mediatiche dei banchieri.

In sintesi, per Max Otte, e non solo, le cose da attuare immediatamente sono le seguenti:

1) far rispettare delle limpide regole di bilancio e i giusti requisiti di capitalizzazione per tutti gli operatori finanziari;

2) fissare dei limiti alla dimensione massima degli operatori privati per diminuire a livelli accettabili il potere di ricatto sugli Stati e per evitare le speculazioni eccessive sui cibi e sugli altri beni primari;

3) separare l’attività speculativa e di brokeraggio delle banche d’affari, e l’attività di raccolta di denaro delle banche commerciali, in base al modello americano del Glass-Steagall Act attuato negli anni Trenta e poi sciaguratamente abolito durante la presidenza Bill Clinton;

4) introdurre un’imposta sulle transazioni finanziarie a livello planetario per ridurre l’intensità delle speculazioni e creare dei fondi per delle casse si assicurazione e compensazione (la Tobin Tax);

5) creare un’agenzia di rating europea per controbilanciare le aggressioni mediatiche e i “furti telematici” anglosassoni. I leader cinesi sono molto razionali e previdenti, e grazie al controllo politico unico e centralizzato hanno già creato la loro agenzia di rating “spaventapasseri”.

 

Nota – Bisogna usare il cervello e smetterla di rischiare i risparmi in titoli o in fondi più o meno strani, solo per sperare in un misero 1 per cento di interessi in più o poco più. Affidiamo indirettamente i nostri soldi ai superricchi e poi ci lamentiamo se la casta degli avidi ci truffa. Bisogna investire nel capitalismo popolare delle banche locali e statalizzare alcune banche globali.