Svolta nelle indagini sui 43 studenti della scuola di Ayotzinapa scomparsi il 26 settembre scorso mentre manifestavano a Iguala (stato del Guerrero, nel Messico meridionale): la Procura Generale del Messico ha infatti comunicato ufficialmente, nella conferenza stampa di venerdì 7 novembre, che i giovani sarebbero stati uccisi e carbonizzati dal gruppo di narcotrafficanti “Guerreros Unidos”.

A supporto di questa dichiarazione il procuratore generale Jesús Murillo Karam ha riportato la confessione di tre degli arrestati durante le indagini, appartenenti a questa banda di narcos, che hanno ammesso di aver assassinato gli studenti e di aver in seguito bruciato i loro corpi. Dopo una combustione di ben 14 ore, i resti inceneriti sarebbero stati raccolti in otto buste di plastica e poi gettati in un fiume.

La crudele esecuzione di massa sarebbe avvenuta nei pressi di una discarica a Cocula, a poca distanza da Iguala. I tre sicari hanno dichiarato, inoltre, di aver preso in consegna i ragazzi (quasi tutti indios e tra i 18 e i 21 anni) da alcuni agenti corrotti della polizia municipale di Iguala e Cocula, che a loro volta li avevano sequestrati il 26 settembre durante la repressione di una manifestazione di protesta nella cittadina messicana (il cosiddetto “massacro di Ayotzinapa”). Una parte degli studenti sarebbe morta per asfissìa già nel corso del trasporto verso il luogo scelto per l’assassinio. I mandanti dell’omicidio sono stati identificati nell’ex sindaco di Iguala, Jose Luis Abarca, e nella moglie Maria De Los Angeles Pineda Villa, arrestati martedì a  Città del Messico. Ancora latitante è il presunto complice dei due: il capo della polizia locale di Iguala.

In mancanza di prove certe di quanto riportato, i 43 saranno ancora ufficialmente considerati come “desaparecidos”: un laboratorio specializzato in Austria si occuperà di effettuare delle sofisticate analisi di identificazione su ciò che resta dei corpi. Anche le famiglie degli studenti, che continuano a chiedere giustizia, hanno dichiarato di non voler accettare questa versione dei fatti fino a quando non si avrà la certezza dell’assassinio, temendo che le istituzioni vogliano liquidare in fretta un caso che ha messo in un forte imbarazzo internazionale il presidente messicano Enrique Peña Nieto.

Oltre a questo scioccante caso dei 43 studenti, le sparizioni sono da tempo all’ordine del giorno in Messico: 28 mila sono le persone che ad oggi risultano scomparse nello Stato centroamericano. Un problema di proporzioni enormi nel Paese, come denunciano le principali organizzazioni per la salvaguardia dei diritti umani.

Fonti: El Mundo/El Universal/Agenzie

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