“E’ vero, la situazione è disastrosa, ma non esiste alternativa. Non si vedono via d’uscita. E poi gli altri sono peggio. E in fondo è sempre stato così…”

Quante volte si ascoltano frasi del genere, applicate via via al modello capitalista, a un governo che ha tradito le speranze iniziali come quello di Obama, alla violenza dilagante, alle guerre e all’ingiustizia? E’ un martellamento continuo dei mezzi di informazione ufficiali, che produce scoraggiamento e al massimo una rabbia impotente.

Ma le cose stanno davvero così?

Se esaminiamo la preistoria e la storia umana, scopriamo un filo conduttore che l’attraversa, arriva fino ai giorni nostri e si proietta nel futuro: la ribellione alle condizioni stabilite, mettendo in discussione le abitudini, i valori e la mentalità dominante, l’immaginare qualcosa che non esiste ancora, i tentativi e gli esperimenti per metterlo in pratica e infine la sua realizzazione. E una volta compiuto quel passo, il ciclo ricomincia con una nuova messa in discussione, nuove resistenze da superare e nuove conquiste. Si tratta di passi avanti materiali (migliori condizioni di vita, progressi della giustizia e della medicina, diffusione dell’istruzione) e spirituali, in termini di libertà di culto, ma anche di libertà da dogmi e gerarchie. Gli ostacoli da superare sono sia esterni – condizioni ambientali, forme di organizzazione sociale, gerarchie che difendono con accanimento il proprio potere – che interni – paure, esitazioni, incertezze – e il costo per ogni passo avanti è spesso enorme per chi osa ribellarsi.

Potremmo individuare l’inizio di questo lunghissimo processo nell’atto dell’ominide che per la prima volta disobbedisce radicalmente ai dettami della natura e si oppone all’istinto di conservazione, avvicinandosi al fuoco, invece di fuggire come tutti gli animali. Quell’atto si rivelerà determinante per il suo processo evolutivo e aprirà la porta a tante, successive scoperte, capaci di cambiare progressivamente le condizioni di vita dell’umanità.

Ed ecco l’introduzione dell’agricoltura, basata sull’intuizione che quel seme gettato nella terra produrrà una pianta che al momento non si vede, i primi viaggi, che allargano l’orizzonte ristretto di tribù e comunità, la scoperta dei metalli e il loro utilizzo. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma la costante è sempre la stessa: una ricerca di cambiamento che non si ferma davanti alla mancanza di risultati o ai fallimenti, una capacità unica tra le specie viventi di immaginare nuovi mondi e trovare il modo di realizzarli.

Non si tratta di un processo lineare. Man mano che le società diventano più complesse anche i tentativi di cambiare le condizioni date si fanno più articolati e spesso gli ostacoli da superare aumentano. Ci sono così momenti di progresso e lunghi periodi di stagnazione e oppressione, in cui le forze che si oppongono al cambiamento paiono trionfare, la repressione delle idee nuove e di chi le diffonde si fa brutale e l’evoluzione sembra fermarsi, o addirittura tornare indietro. Poi però si alza una voce che mette nuovamente in discussione lo stabilito – che siano i re per diritto divino, la terra piatta, l’inferiorità delle donne o la schiavitù – e il processo si rimette in moto.

Se questa costante ha attraversato tutta la storia, perché non dovrebbe valere anche adesso? Il mondo attuale, tanto avanzato, ma anche tanto violento e ingiusto, non rappresenta la fine della civiltà umana, ma solo un gradino costruito sui progressi precedenti e la base per nuovi avanzamenti. Occorre allora fare appello alle qualità che ci hanno permesso di arrivare fin qui –  il coraggio, la curiosità, la creatività, la solidarietà, l’amore e la compassione – e  compiere, ognuno di noi, un atto in apparenza semplice, ma in realtà rivoluzionario: ribellarsi all’apparente destino e alimentare la speranza e la fede nell’essere umano.

Il passo che corrisponde a questo momento storico è il superamento della violenza in tutte le sue forme – da quella elementare e brutale della guerra, alla violenza economica che provoca sfruttamento e povertà, fino alle discriminazioni di ogni tipo, per instaurare un sistema in cui ogni essere umano, per il solo fatto di essere nato, abbia diritto a una vita degna e felice. Esistono già ora innumerevoli proposte, movimenti e modelli alternativi che vanno in questa direzione: diffonderli, sostenerli e migliorarli è il miglior antidoto ai seminatori di impotenza e rassegnazione.