Claudia Medina

Secondo un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International, negli ultimi 10 anni i casi di tortura e maltrattamenti sono aumentati del 600 per cento. L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto al governo messicano di agire per fermare il massiccio e costante uso della tortura da parte delle forze di polizia e dell’esercito.

Il rapporto, intitolato “Fuori controllo: torture e maltrattamenti in Messico” – il primo di una serie di cinque rapporti prodotti nell’ambito della campagna globale “Stop alla tortura” di Amnesty International – descrive il grave aumento del fenomeno e la dominante cultura di accondiscendenza e impunità che lo alimenta. I responsabili di tortura condannati dalle corti federali sono solo sette e il numero di quelli condannati dalle corti statali è ancora più basso.

“Le autorità non possono continuare a chiudere un occhio nei riguardi della tortura. La continua mancata applicazione delle garanzie per prevenire la tortura e i maltrattamenti e l’inadeguatezza delle indagini sulle denunce, dicono che il governo sta venendo meno al dovere di proteggere i diritti umani” – ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.

“Il drammatico aumento della tortura in Messico significa che ogni cittadino è a rischio. Un sondaggio di Amnesty International ha rivelato che il 64 per cento dei messicani teme di venir torturato in caso d’arresto” – ha proseguito Guevara Rosas.

Il rapporto di Amnesty International segnala che, tra il 2010 e la fine del 2013, la Commissione nazionale per i diritti umani ha ricevuto oltre 7000 denunce di tortura e maltrattamenti. Nel 2014 il numero è diminuito ma risulta sempre maggiore rispetto a 10 anni prima.

Vittime di varie zone del paese hanno riferito ad Amnesty International di essere state sottoposte a pestaggi, minacce di morte, violenza sessuale, scariche elettriche e semi-soffocamento da agenti di polizia o militari, spesso per estorcere “confessioni” o per incriminare altre persone in gravi reati.

Angel Amílcar Colón Quevedo, un honduregno nero, ha subito torture da parte della polizia e dell’esercito a causa della sua condizione di migrante e della sua origine etnica. È stato picchiato, soffocato con una busta di plastica, costretto ad atti umilianti e sottoposti a offese razziste. Si trova in carcere, sulla base di dichiarazioni che gli sono state estorte con la tortura. Nel corso dell’anno, Amnesty International lo ha dichiarato prigioniero di coscienza.
Il rapporto di Amnesty International descrive oltre 20 casi analoghi a quello di Angel Amílcar Colón Quevedo.

Nonostante la tortura sia proibita per legge, i tribunali continuano ad accettare prove ottenute durante la detenzione arbitraria e con la tortura. Ciò non solo incoraggia a continuare a usare la tortura e i maltrattamenti ma significa anche che i processi irregolari e le condanne ingiuste sono in aumento, pregiudicando ulteriormente la credibilità del sistema giudiziario e compromettendo i diritti umani degli imputati.

Le rare indagini aperte sulle denunce di tortura si sono rivelate inadeguate.

La procedura speciale adottata dall’ufficio della procura generale federale per indagare sulle denunce di tortura e maltrattamenti non rispetta gli standard internazionali previsti dal Protocollo di Istanbul. Ciò nonostante, i magistrati e i giudici si basano sui risultati di questa procedura e non accettano prove indipendenti.

“L’assenza di indagini credibili e approfondite sulle denunce di tortura costituisce un doppio abuso. Se le autorità non raccolgono prove, le vittime sono lasciate senza rimedio e non sono in grado di poter dimostrare che le loro ‘confessioni’ sono state estorte con la tortura” – ha sottolineato Guevara Rosas.
“È davvero il momento di rivedere da capo la procedura d’indagine sulle denunce di tortura e maltrattamenti e di applicare gli standard internazionalmente riconosciuti del Protocollo di Istanbul. Le autorità messicane devono inoltre garantire che le prove raccolte da esperti medici indipendenti siano ammesse ed esaminate nei procedimenti giudiziari” – ha concluso Guevara Rosas.

Il rapporto di Amnesty International identifica una serie di misure da intraprendere per prevenire, indagare e punire la tortura e i maltrattamenti, a partire dal riconoscimento da parte del governo della dimensione della tortura e dall’impegno pubblico a combattere in via prioritaria questa grave violazione dei diritti umani.

Ulteriori informazioni

Tra il 2010 e il 2013, mentre la Commissione nazionale per i diritti umani riceveva oltre 7000 denunce di tortura e maltrattamenti, l’ufficio della procura generale federale ha attivato la procedura speciale d’indagine in 364 casi, riscontrando la tortura in 26 di essi.

Tra il 2006 e il 2013 l’ufficio della procura generale federale ha aperto 1219 indagini su denunce di tortura e maltrattamenti ma ha ordinato rinvii a giudizio in soli 12 casi. Le condanne per tortura da parte delle corti federali sono state solo sette, con un tasso di colpevolezza dello 0,006 per cento. A livello statale, la prevalenza della tortura e dell’impunità è persino maggiore.

La Commissione nazionale per i diritti umani spesso non indaga in modo approfondito e tempestivo su tutte le denunce di tortura che riceve né difende in modo adeguato i diritti delle vittime. Delle oltre 7000 denunce ricevute tra il 2010 e il 2013, ha emesso raccomandazioni che confermavano la tortura in soli 44 casi.

Il Protocollo di Istanbul, del 1999, è il nome con cui è conosciuto il Manuale delle Nazioni Unite sull’efficacia delle indagini e sulla documentazione della tortura e degli altri trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti.

Il rapporto “Fuori controllo: torture e maltrattamenti in Messico” è disponibile all’indirizzo:
http://www.amnesty.org/en/library/info/AMR41/020/2014/en

L’appello in favore di Claudia Medina Tamariz, torturata da soldati messicani è online qui:
http://www.amnesty.it/messico-tortura-claudia-medina

Per maggiori informazioni sulla campagna “Stop alla tortura”:
http://www.amnesty.it/stoptortura