Da ieri in Piazza Scala c’è un presidio sindacale che ci ricorda la vertenza aperta dalle operatrici sanitarie rimaste senza lavoro dopo anni di contratti di precariato al Policlinico di Milano. Sono passati 68 giorni dall’inizio dell’occupazione – presidio permanente sul tetto del Policlinico da parte del gruppo di lavoratrici che si è nominato “Madri nella crisi”. Si tratta di 65 donne, spesso capi famiglia monoreddito che, assieme ad altre che sono state assunte facevano parte di un gruppo di 117 lavoratrici e lavoratori che hanno prestato servizio al Policlinico per periodi variabili dai 2 ai 21 anni. Hanno prestato servizio sempre in stato di precarietà attraverso cooperative o Agenzie di lavoro interinale a cui il Policlinico attingeva il personale di cui di volta in volta aveva bisogno.

Tra queste persone ci sono donne che si sono qualificate professionalmente, a spese proprie, per ricoprire il ruolo di Operatore Socio Sanitario, ruolo che hanno svolto ufficialmente per circa otto anni. Quando il Policlinico, dopo 20 anni di utilizzi precari, ha deciso di reinternalizzare i servizi e le competenze, ha bandito un concorso che ha fatto assumere prima 29  e poi 24 persone lasciando però sul lastrico 65 lavoratrici delle 117 che avevano lavorato all’interno dell’ospedale per anni e anni.

Molti giornali hanno parlato di questa vicenda, che va ad inscriversi in quell’autentico tsunami che sta facendo dell’Italia un paese con livelli di disoccupazione davvero tragici. Alcuni consiglieri ed anche Lei, signor Presidente, siamo andati a più riprese a portare la nostra solidarietà a queste donne rimaste senza risorse o prospettive di occupazione. Anche gli assessori Majorino e Tajani hanno dichiarato alle occupanti che si sarebbero interessati alla vicenda ma, evidentemente, né i consiglieri né gli assessori hanno il potere di rimuovere certe decisioni.

Per questo Le chiedo, signor Presidente, di farsi interprete presso il Sindaco ma anche presso il Prefetto della richiesta di trovare un modo per permettere a queste ex lavoratrici di avere la possibilità di un lavoro e quindi un reddito indispensabile per la loro sopravvivenza.