“La legge è nulla” ha dichiarato poco fa il presidente della Corte Costituzionale di Kampala dando lettura della sentenza con cui l’alto tribunale ha cancellato la controversa legge anti-omosessuali promulgata a febbraio fra le critiche della società civile ugandese e internazionale. La Corte ha addotto come motivazione principale dell’annullamento la mancanza del quorum richiesto dalla Carta nazionale al momento del voto in Parlamento.

La notizia è stata subito accolta con gioia dagli attivisti, nonostante resti in vigore la precedente normativa – nella fattispecie l’articolo 145 del Codice penale, datato 1950, e risalente al regime coloniale britannico che punisce con l’ergastolo “le relazioni carnali contro natura” .

“Verdetto finale: non sono più un criminale oggi. Abbiamo fatto la storia per le generazioni a venire” ha dichiarato Jacqueline Kasha, figura di spicco della lotta per i diritti degli omosessuali in Uganda. “La retrograda legge anti-gay in Uganda è stata annullata…è ormai più che morta” le ha fatto eco il giornalista Andrew Mwenda.

Secondo le organizzazioni non governative che si battono per la difesa delle minoranze, l’entrata in vigore della legge aveva fatto impennare il numero delle aggressioni e degli abusi contro gli omosessuali, dagli arresti arbitrari a scopo di estorsione, ai licenziamenti senza giusta causa, oltre a limitare l’accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi di prevenzione nella lotta all’Aids per il timore di finire in arresto.