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Articolo di Armando Marchi pubblicato su Avantionline.it

18/07/2014 – Decine di famiglie sono in fuga sotto gli intensi bombardamenti israeliani nel nord di Gaza. Fuggono come possono, a piedi e sui carretti trainati da asini. Il timore di un’escalation è concreto.

“Tenetevi pronti per allargare il teatro delle operazioni” ha detto ai militari il premier israeliano Benjamin Netanyahu che con il ministro e capo dell’esercito Moshe Ya’alon, questa mattina ha convocato una conferenza stampa per annunciare un possibile ampliamento dell’invasione della Striscia di Gaza. La missione dei soldati – ha spiegato – è quella di “distruggere i tunnel e sferrare un duro colpo a Hamas ed alla Jihad islamica”. L’obbiettivo è annientare l’impalcatura “del terrorismo, distruggere i tunnel (che attraversano il confine con l’Egitto e servono al contrabbando di merci e di armi ndr) e, nello stesso tempo, sferrare un duro colpo alle organizzazioni terroristiche e a tutti quelli che provano a danneggiare la sicurezza d’Israele”. “In questo momento – ha spiegato ancora il primo ministro evidentemente preoccupato dalla ricaduta interna di quanto sta avvenendo – l’esercito ha bisogno del completo sostegno della popolazione israeliana per portare a termine la missione che si sta compiendo in questi momenti”.

Striscia di Gaza - La direzione di fuga della popolazione civile in questa cartina del New York Times

Striscia di Gaza – La direzione di fuga della popolazione civile in questa cartina del New York Times

Anche l’esercito israeliano ha avuto intanto le sue prime vittime, un soldato morto e alcuni feriti. Numeri irrisori rispetto alle ‘vittime collaterali’ tra i civili palestinesi delle rappresaglie a suon di bombardamenti aerei, navali e terrestri, che hanno fatto in pochi giorni oltre 260 vittime e più di duemila feriti senza contare la distruzione sistematica di abitazioni e di infrastrutture civili. Un disastro immane che sta spingendo una popolazione di oltre un milione e mezzo di persone che vive ammassata in 360 chilometri quadrati, con un embargo economico pressoché ininterrotto da decenni, la rarefazione di beni primari a cominciare dall’acqua, a fuggire altrove appena è in condizioni di farlo. Una situazione già grave da tanto tempo e che è peggiorata dopo l’offensiva di Tsahal, l’esercito di Tel Aviv, in seguito alla pioggia di razzi lanciato dall’ala militare di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, sul territorio israeliano.
A far precipitare tutto, il rapimento e l’uccisione di tre ragazzi israeliani, il 7 luglio scorso. Hamas, che non ha smentito né condannato, sarebbe responsabile dell’assassinio di tre adolescenti israeliani, Eyal Yifrah, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel, seguito a ruota dalla vendetta di un gruppo terroristico israeliano contro un ragazzo palestinese a sua volta rapito e bruciato vivo.
Un comportamento incomprensibile dall’una e dall’altra parte perché né il terrorismo dell’ala radicale del movimento palestinese, in questo caso gli islamici di Hamas alleati dei Fratelli Musulmani, né le punizioni collettive (condannate a più riprese anche dall’Onu) dell’esercito israeliano contro una popolazione civile inerme, hanno mai dato prova di migliorare la situazione sul campo, e invece hanno funzionato benissimo solo nel mantenere lo statu quo e nel dare vigore ai ‘falchi’ delle due parti in assenza di qualunque strategia politica.

Gaza_fuga_civiliNetanyahu, che alla sua destra a molti ‘falchi’ pronti a cavalcare le comprensibili paure dei cittadini, ha ripetuto così il cliché di un’occupazione militare che non produrrà frutti se non mediatici e di pura propaganda e che è invece molto pericolosa e costosa come insegnano le precedenti esperienze. Hamas spera invece di capitalizzare il bagno di sangue e l’orrore delle stragi di civili innocenti per spenderlo nel conflitto politico che oppone gli islamisti ai ‘laici’ di Fatah, ma anche per mantenersi a galla nel maelström mediorientale e regionale, nella gigantesca partita per la supremazia religiosa e politica dall’Egitto all’Iraq, dalla Siria alla Turchia, dall’Iran alle monarchie del Golfo, che si sta giocando tra sciiti e sunniti.
Insomma nulla di buono c’è da aspettarsi per gli abitanti di Gaza, ridotti a carne da macello, mentre le iniziative diplomatiche finora si sono rivelate tutte inefficaci, forse perché le due parti sono ancora troppo forti per volere davvero la pace.