Da Lampedusa, dove sta svolgendo il suo quarto campo sui diritti umani, Amnesty International ha espresso oggi grave preoccupazione per l’alto numero di persone che hanno perso la vita in mare negli ultimi giorni. Sebbene il totale rimanga ancora incerto, si ritiene siano centinaia le persone annegate nel mar Mediterraneo, tra la Libia e l’Italia.
 
“L’Europa ha perso qualcosa di profondamente prezioso: la sua capacità di dimostrare umanità. Mentre interi gruppi familiari provenienti dalla Siria e molti altri rifugiati originari da paesi come Eritrea e Somalia annegano perché non hanno alternative, il silenzio dell’Europa è assordante” – ha dichiarato da Lampedusa Carmen Dupont, coordinatrice di “Sos Europa”, la campagna europea su migranti e rifugiati di Amnesty International.
 
Negli ultimi mesi, Amnesty International ha ripetutamente chiesto ai governi dell’Unione europea di rafforzare le attività di ricerca e soccorso nel mar Mediterraneo. Mentre lo sforzo intrapreso dall’Italia con l’operazione “Mare nostrum” va apprezzato, è chiaro che rafforzare le attività di ricerca e soccorso in mare può essere fatto efficacemente solo attraverso un’azione congiunta cui tutti gli stati membri dell’Ue devono contribuire.
 
Nell’ottobre 2013 una serie di naufragi causarono oltre 400 morti e provocarono numerose dichiarazioni di cordoglio e solidarietà ai più alti livelli dell’Ue. A oggi, i leader dell’Ue non hanno assunto alcuna misura concreta per impedire ulteriori morti alla frontiere europee. 
 
Il crescente numero di persone morte in mare mette in luce l’inefficacia delle attuali politiche e prassi dell’Unione europea su immigrazione e asilo, concentrate nell’impedire alle persone, a ogni costo umano, di raggiungere l’Europa. Queste politiche e prassi, via via restrittive, hanno avuto l’unico effetto di spingere persone disperate a intraprendere viaggi sempre più rischiosi. Senza avere di fatto a disposizione alcun canale sicuro e legale per raggiungere l’Europa, le persone sempre di più finiscono nelle mani dei trafficanti e sono costrette a rischiare la vita su imbarcazioni inadatte alla navigazione.
 
“La mancanza d’azione dei leader dell’Ue è una vergogna per l’Europa intera. Oggi abbiamo più rifugiati di qualunque altro periodo successivo alla Seconda guerra mondiale ma la risposta europea è quella di girare le spalle a questa crisi” – ha concluso Dupont.
 
Ma le alternative esistono. Gli stati europei devono offrire ai rifugiati maggiori canali sicuri e legali di accesso alla protezione. Per iniziare, dovrebbero aumentare il numero dei posti messi a disposizione per il reinsediamento e l’ammissione umanitaria e favorire il ricongiungimento familiare dei rifugiati che hanno parenti all’estero.
 
Ulteriori informazioni
Oltre 60 attivisti stanno prendendo parte al quarto campo sui diritti umani organizzato da Amnesty International Italia a Lampedusa per chiedere ai leader dell’Unione europea di fare tutto ciò che è in loro potere affinché siano evitate morti in mare e per chiedere la protezione della vita e dei diritti dei migranti e dei rifugiati alla frontiera europea. Al campo di Lampedusa prendono parte anche Hussain Majid e Said Ismal Yaccub, due rifugiati della Nigeria e del Camerun approdati a Lampedusa nel 2011 dopo un viaggio in mare dalla Libia.
 
Una settimana fa a Sofia, capitale della Bulgaria, 80 attivisti di Amnesty International provenienti da 30 paesi, avevano preso parte a una manifestazione per chiedere ai governi di dare priorità alle persone, prima che alle frontiere. 
 
Queste iniziative fanno parte della campagna europea di Amnesty International Sos Europa, http://www.amnesty.it/sos-europa