Di Oleg Yasinsky, giornalista indipendente di origine ucraina, residente in Cile.

Nessuno sa chi sono i misteriosi cecchini che hanno sparato prima ai manifestanti e poi ai poliziotti che li affrontavano, nel centro della capitale ucraina, solo alcuni giorni fa. La cosa più probabile è che non lo sapremo mai. Colpi precisi, professionali, alla testa e al collo. La maggioranza delle vittime erano civili giovani ed anziani, semplici agenti di polizia; persone che non partecipavano direttamente agli scontri.

Qualcuno voleva incendiare il paese. Come i cecchini, aveva un nome (anzi sicuramente vari nomi), risorse, garanzie di anonimato e adesso guarda in televisione le strazianti scene dell’addio ai caduti e forse sorride.

Quando nei prossimi giorni la primavera scioglierà le nevi dei boschi nei dintorni di Kiev, sicuramente riappariranno varie delle 300 e più persone scomparse.

Sappiamo che nonostante tante promesse di giustizia, ogni volta più patetiche e ripetitive, nessuno pagherà. O se si farà un nuovo show chiamato giustizia, quelli che pagheranno non saranno i veri responsabili.

Abbiamo sempre creduto che abbattere il malgoverno di Yanukovich fosse un giusto diritto e un dovere del popolo ucraino. Osserviamo anche che la legittima ribellione civile è stata fin dall’inizio manipolata, strumentalizzata ed infine capeggiata da gruppi di estrema destra che hanno saputo approfittare del vuoto sociale che si è creato per la mancanza di una vera sinistra, nella quale non comprendiamo il Partito Comunista e il Partito Socialista di Ucraina in quanto complici del regime.

Con la stessa convinzione possiamo affermare che i mostri e i pagliacci che si contendono ora il potere, ancora una volta non rappresentano minimamente gli interessi e le necessità del popolo ucraino.

Quello che sta succedendo in Ucraina, senza dubbio, non è una rivoluzione. E non è neanche un colpo di stato di estrema destra, come affermano con insistenza alcune voci di sinistra.

Ma è certo che c’è stata una ribellione, e anche un movimento molto ampio e spontaneo di cittadini indignati contro l’abuso e la prepotenza del potere, senza molta esperienza e con pochi calcoli politici. I calcoli li hanno fatti gli altri: i politici dell’opposizione, anima gemella pro-occidentale del regime pro-russo (occhio, questo “pro” si riferisce solo ai governi, mai al popolo) e i leader dei movimenti neonazisti che hanno saputo approfittare della congiuntura.

Yanukovich non è stato sconfitto da un complotto dell’Occidente, né è caduto vittima di una guerra mediatica (anche con il coinvolgimento dell’Occidente, in “Oriente” la guerra mediatica continua): è stato cacciato da una spontanea, eroica e disperata azione di migliaia di ucraini che sono rimasti per mesi nelle strade e nelle piazze, con temperature molto al di sotto dello zero. La principale motivazione era la difesa della dignità, quello che nella sua espressione minima, in questo momento ed in questo paese, equivaleva a sconfiggere il governo di Yanukovich. Tra i manifestanti c’erano alcuni dei miei amici.

Non concordavo e non concordo con molte delle loro idee politiche, ma ammiro il loro valore e la loro coerenza di cittadini.

Ora, quando gli stessi di sempre, dopo avere abbattuto con mani e sangue altrui il principale ostacolo alla loro ascesa al potere, ci mentono ancora una volta parlandoci del perdono e dei valori universali; quando il FMI sta per appoggiare la mortifera unione tra neoliberali e nazisti nel primo governo “rivoluzionario” ucraino; quando dopo le statue di Lenin si distruggono gli ultimi monumenti ai nostri nonni caduti nella guerra contro il fascismo; quando la TV russa, la stampa occidentale e tutto il mondo mente su quello che realmente succede in Ucraina; e quando facciamo sempre più fatica a distinguere tra il pragmatismo delle destre e il cinismo delle “sinistre”, pentite e politicamente corrette… cerco altre parole… parole per i nostri caduti, con lettere capaci di essere fiori o terra o sogni nella loro tomba. Parole di tutti i colori, per controbilanciare il rosso delle prime lettere.

Ora, quando con orrore, ma senza sorpresa, veniamo a sapere che la cultura, la giustizia e la polizia ucraina saranno in mano ai nazisti di “Svoboda” e la recente ribellione popolare contro la mafia ha spianato la strada a un’altra mafia, molto peggiore, alcuni di noi si chiederanno: come mai nessuno ha voluto vedere questo enorme cavallo di Troia, pieno di fascisti, nel cuore della resistenza cittadina? Gli altri nostri compagni, quelli che non hanno saputo alzare le bandiere di sinistra, risponderanno con i nostri argomenti di sempre, ricordando le repressioni di Stalin, il cinismo dell’epoca di Brezhnev, la truffa della Perestroika ed un quarto di secolo di offensiva mediatica anticomunista in tutta la ex URSS…

Ma i nostri morti di febbraio 2014 a Kiev hanno vissuto e sono morti per ben altro. Per la libertà e per la democrazia per il popolo ucraino. Non per portare al potere alcun politico né tanto meno i fascisti mascherati oggi da agnelli pro-europei.

Le morti dolgono sempre, ma il doppio quando sembra che sono state invano. E il triplo, quando sappiamo che saranno utilizzate come materiale di costruzione per i palazzi di nuovi re.

Ma non sono state invano. Il potere minaccia sempre i morti ribelli e i morti che si ribellano con l’unica cosa che può ucciderli di nuovo: l’oblio.

Nonostante tante lacrime di coccodrillo in TV, nonostante le decine di nuovi monumenti alla loro memoria che sono già nei nuovi decreti di governo, e i loro giovani nomi dati alle vecchie strade di Kiev, quest’oblio è già parte del nuovo piano politico delle autorità autoproclamate. E l’unico modo per salvarli dall’oblio è unire tutta la nostra rabbia e la nostra vergogna, fino a che costruiremo un movimento sociale capace di tirare fuori la nostra Ucraina dalla sua attuale preistoria. Movimento che sarà dal basso e di sinistra, umanista e rivoluzionario, anche se forse non userà nessuna di queste quattro parole, affinché i nostri morti possano alla fine riposare tranquilli.

Intanto i vivi, i nostri amici e compagni, della minuscola, male organizzata ma testarda sinistra ucraina si riorganizzano per affrontare la notte del fascismo che si avvicina.

Traduzione dallo spagnolo di Valerio Marinai