Sabato 16 novembre è accaduto qualcosa di importante. Cinque città sono scese in piazza, determinate, rumorose e non violente, per protestare contro il laccio sempre più stretto dell’austerità, del capitalismo, contro questa politica scellerata asservita alle leggi del denaro, e in definitiva alla legge del più forte, o del più ricco. Questa politica non-politica sempre a braccetto con i grandi interessi di (grandi) privati che ostacolano la messa in atto di quel diritto collettivo rappresentato anche dal riutilizzo dei siti e degli immobili abbandonati, che in questo paese crescono come funghi, e come specie in via di estinzione vengono difesi, “tutelati” a spada tratta – o forse dovremmo meglio dire a manganello tratto – dallo Stato. Migliaia i cittadini, uomini e donne, giovani e meno giovani, decine le associazioni unitesi ai cortei che hanno sfilato per le strade di Napoli, dove si è manifestato contro il Biocidio in atto tra il Napoletano e il Casertano, in Val Susa contro la Tav, a Gradisca d’Isonzo contro i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), a Parma contro l’inceneritore di Ugozzolo e a Pisa per riaffermare senza esitazione la proprietà collettiva dell’Ex Colorificio Liberato. Il 16 novembre era insomma una di quelle giornate in cui l’ubiquità sarebbe stata utile e davvero tanto gradita. Avrei voluto partecipare a tutte e cinque le piazze, per poter assaporare dal vivo l’emozione e la potenza di una collettività riunita attorno a una lotta, a una rivendicazione che ha a che fare, ciascuna, con una responsabilità etica, politica, civile, direi anche evolutiva, che è quella della cura e della tutela del territorio, della salute, del futuro. Che è poi la presa in carico del presente e del futuro dei nostri vicini di casa, dei nostri colleghi, dei nostri figli. Quello che ha reso evidente la giornata di sabato, è che la gente, se vuole, ha una forza costruttrice capace di ribaltare lo stabilito, di riscrivere quelle leggi legittimate da una cultura bieca, dall’indifferenza, dalla corruzione, dalla legalità a forza messa davanti al bene comune, che hanno disegnato nei decenni un solco profondo e ben definito fino a delineare un paese al limite. Al limite della sopportazione. Al limite della dignità. Una linea rossa che è stata superata dai corpi di migliaia di persone pronte a prendersi carico di quella funzione sociale a cui solo la collettività può rispondere. A Pisa un fiume coloratissimo di persone è avanzato fino alle porte, sigillate dal 28 ottobre scorso, dell’Ex Colorificio, e da lì non se ne è andato fino a che non se lo è ripreso. Il Municipio dei Beni Comuni, costituitosi proprio nell’Ex Colorificio durante l’anno di occupazione e gestione, ha organizzato una manifestazione intelligente e non violenta. Ha utilizzato l’allegria, la parola, la cultura per rivendicare un diritto sancito anche dalla nostra bellissima Costituzione: gli art. 42 e 43 parlano infatti di “funzione sociale” e di “requisizione” di quelle proprietà che non assurgono ad una funzione sociale per il bene comune della collettività. Nel caso dell’Ex Colorificio, lo stabile è una fabbrica dismessa di proprietà della Multinazionale J-Colors. A guidare questo fiume in piena, sono stati cittadini provenienti da diverse città, Roma, Livorno, dalle Marche, giovani e anziani di Pisa che vedono nel Municipio dei Beni Comuni una risposta importante per la vita della città e un’opportunità di riaprire nuove spazi di autogestione ed elaborazione collettiva. Uniti nell’intento di riprendersi ciò che è della collettività, di fermare questa incomprensibile militarizzazione degli spazi vuoti, il cui unico senso altro non è, se non la politica del controllo che questo sistema sociale ed economico impone. Dopo un confronto di oltre due ore con le forze dell’ordine schierate al di fuori dello stabile, e dopo una giornata che ha rappresentato una vera a propria lezione di politica e di dignità, l’Ex Colorificio è simbolicamente tornato ad appartenere ai pisani. Nei prossimi giorni il Municipio dei Beni Comuni tornerà ad essere a tutti gli effetti attivo all’interno del suo legittimo spazio. I confini e le barriere non dovrebbero esistere. E se l’uomo è stato tanto stupido da inventarle, altri uomini invece responsabili e coraggiosi sempre tenteranno di valicarli ed abbatterli. Ogni tanto penso che si dovrebbe guardare al nostro mondo immaginandolo dallo spazio: “Da quassù la Terra è bellissima. Senza frontiere nè confini”. Lo diceva Yuri Gagarin.
Chiara Moncada