Sono raggiunto allo stesso momento, oggi domenica 3 Novembre e giornata “storica” delle elezioni amministrative in Kosovo, da due tweet, simultanei, uguali e contrari.
Il primo è di Marija Ristic, da Belgrado, corrispondente di “Balkan Insight”. Una testimonianza in diretta dallo svolgimento elettorale kosovaro: “Krstimir Pantic, candidato della lista serba alla carica di Sindaco di Mitrovica, ha riferito che non gli è stato consentito di votare a causa di irregolarità svoltesi presso il seggio elettorale”.
Si tratta di irregolarità non meglio precisate, mentre sufficientemente preciso è il profilo del candidato, sindaco uscente di K. Mitrovica, già appartenente ai conservatori dell’SNS e oggi espressione della “Iniziativa Civica Serba”, sponsorizzata da Belgrado, appena due giorni fa fatto oggetto di violenta aggressione a scopo intimidatorio da parte di sconosciuti proprio a K. Mitrovica.
Il secondo è di Petrit Selimi, vice-ministro degli Affari Esteri dell’auto-governo kosovaro. Anche in questo caso una testimonianza di prima linea del fronte elettorale: “Nel Kosovo Nord, le procedure di voto si stanno svolgendo regolarmente, ma gli estremisti locali che sostengono il boicottaggio scoraggiano il voto, prendendo i nomi delle persone e minacciando gli elettori presso i seggi elettorali”.
Anche in questo caso, il profilo del personaggio è noto: dall’esperienza di co-fondatore dei “Post-pessimisti”, network civico giovanile particolarmente attivo e brillante, alla carriera presso la Fondazione Soros, fino all’impegno politico diretto nel PDK, partito espressione dell’ala militarista del vecchio movimento di liberazione kosovaro, guidato oggi dal discusso premier Hashim Thaci.
Nel momento stesso in cui le elezioni amministrative del 3 Novembre dovrebbero rappresentare il tanto atteso punto di svolta, nel senso del miglioramento della situazione politica e della amministrazione locale in Kosovo, ma anche nel senso del riconoscimento degli interessi serbi e dell’autonomia serba all’interno del Kosovo albanese (quest’ultimo non riconosciuto come stato indipendente dalla comunità internazionale), osservatori ed analisti non nascondono preoccupazione.

Secondo Anna Filimonova, del Centro Studi sulle Crisi nei Balcani, la questione, centrale ed elusa, è su chi tutela i diritti e gli interessi dei serbi del Kosovo nel Kosovo odierno. Detto diversamente, su chi tutela libertà e prerogative delle diverse minoranze etno-linguistiche in Kosovo. Certo, non la polizia albanese, secondo lei, e secondo molti osservatori. La questione è decisiva e bistrattata, se perfino la stampa nord-americana si arrischia a dichiarare che in queste elezioni, di cui nessuno sembra valutare la preminente portata locale e comunitaria, l’importante non è vincere ma partecipare.

“Questo è un giorno molto importante per il Kosovo e la democrazia. Sono qui come osservatore imparziale e neutrale e martedì terremo una dichiarazione sulle elezioni ed ai fini di una valutazione preliminare del processo elettorale. Crediamo che la nostra presenza contribuirà allo svolgimento di elezioni democratiche e pacifiche”. È l’ultima dichiarazione pre-elettorale del capo-missione degli osservatori internazionali dell’Unione Europea in Kosovo, l’italiano Roberto Gualtieri, del PD.

Non si capisce se si tratta di una dichiarazione di circostanza o di una ammissione di impotenza. Mentre si capisce benissimo l’arbitrarietà di tali svolgimenti, se si intende bene che, nel giro di 48 ore (in Kosovo), tali osservatori auspicano di raccogliere documentazione sufficiente per una simile “valutazione” Tutto sembra indicare che le cose si svolgeranno diversamente e purtroppo aggettivi come democratico e pacifico siano ancora nel regno della speranza piuttosto che in quello della realtà.

Staremo a vedere.