Pubblichiamo il testo di un’intervista rilasciata da Mao Valpiana alla Free Lance International Press.

Il Ministro Mauro non fa altro che dire e ridire che gli F-35 sono indispensabili, che il Parlamento, per 15 anni, si è pronunciato tante volte favorevolmente e che abbiamo, con i nostri alleati, ben precisi impegni di carattere vincolante.
Come giudicate tali argomentazioni?

La verità dei fatti è che tutti i governi delle ultime legislature (dal 1998) hanno aderito e sostenuto il progetto Joint Strike Fighter, trovando il consenso nelle commissioni difesa della Camera e del Senato. C’è stato, in questo, una drammatica continuità tra governi di centro-sinistra e di centro-destra. Addirittura l’ultimo giorno utile della precedente legislatura (11 dicembre 2012) il Parlamento ha approvato una delega al governo che prevede di utilizzare i risparmi effettuati con i tagli al personale e alle strutture militari, a favore degli investimenti proprio sugli F35. Il tutto, però, è avvenuto senza voler coinvolgere l’opinione pubblica, che è venuta a sapere degli F35 solo grazie alle iniziative di informazione della Rete Italiana Disarmo promosse dal 2009 ed in particolare dalla campagna “Taglia le ali alle armi”, la quale ha anche “sbugiardato” il Ministero della Difesa che sosteva essere ormai impossibile uscire dal progetto, a causa delle forti penali che ci sarebbero state, mentre (documenti alla mano) è possibile uscire semplicemtne non ordinando nuovi cacciabombardieri.

E come giudicate la posizione di coloro che sostengono che il progetto F-35 dovrebbe fruttare al nostro Paese ben 10.000 posti di lavoro qualificati?

Il cosiddetto “ricatto occupazionale” è sempre stato un argomento sbandierato da chi (purtroppo anche all’interno del mondo sindacale) vuole sostenere i benefici economici dell’industria bellica.

Anche qui la realtà dei fatti parla chiaro: si tratterebbe sostanzialmente di un semplice spostamento di lavoratori oggi già occupati nella produzione degli aerei Eurofighter (che verrebbero messi in soffitta dagli F35) ; secondo la stessa Finmeccanica sarebbero al massimo 2000 i nuovi posti di lavoro effettivi. Dal punto di vista economico, l’argomento è risibile. Basti pensare che con il solo costo di un caccibombardiere F35 potremmo mantenere 17.200 lavoratori precari coperti da indennità di disoccupazione oppure sostenere 14.742 famiglie con disabili e anziani non autosufficenti a carico.

La recente mozione che impegna il governo a “non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso” possiamo considerarla una vittoria (per quanto parziale) o un’amara sconfitta?

E’ senz’altro positivo che la mobilitazione sollecitata dai movimenti nonviolenti e per il disarmo abbia costretto il parlamento ad affrontare pubblicamente la spinosa questione degli F35. Noi siamo convinti che se i singoli parlamentari fossero stati lasciati liberi, davanti alla scelta netta sì o no agli F35, avrebbero prevalso i no. Invece le lobby militari, potenti e trasversali, si sono messe all’opera ed hanno influito sui vertici dei partiti della grande coalizione, ottenendo il classico risultato della peggiore tradizione politica italiana: decidere di non decidere, lasciando le cose come sono. La mozione approvata rinvia di 6 mesi la scelta sugli F35, affida alle commissioni un’indagine conoscitiva e ribadisce l’ovvietà che il governo non potrà decidere nuovi programmi senza un nuovo voto di merito delle Camere (è la Legge che lo stabilisce).

L’indagine conoscitiva sui veri costi del programma JSF l’ha già fatta in questi ultimi quattro anni la Rete Italiana Disarmo, supplendo a negligenze ed omertà dei vari governi che hanno sempre tentato di nascondere cifre e verità. Le schede sono a disposizione di chi le voglia consultare, sul sito disarmo.org e sono state in parte pubblicate su “Azione nonviolenta”…. se i deputati lo desiderano, possono informarsi risparmiando tempo e denaro.

Come valutate l’iniziativa del Presidente Napolitano e del Consiglio supremo di difesa?

Il consiglio supremo della difesa, presieduto dal Capo dello Stato, ha detto che in materia di armamenti il Parlamento è esautorato, decide il governo (influenzato direttamente dai militari). Questa, evidentemente, è la prassi, ma non corrisponde a quanto era stato previsto dalla Carta Costituzionale. A scuola ci avevano insegnato una cosa diversa: che il popolo è sovrano, che la democrazia la si esercita eleggendo i rappresentanti del corpo elettorale nelle due Camere, che sono il luogo dove si esprime la volontà dei cittadini, mentre il governo dovrebbe essere solo l’organo esecutivo della Repubblica parlamentare. Ma erano solo bei sogni…. Quella in atto non è una democrazia parlamentare, ma una democrazia armata.

Naturalmente noi non possiamo accettare questa realtà. Ad essa dobbiamo opporci e possiamo farlo a partire dalla nostra personale obiezione di coscienza.

Alla fine sugli F35 a decidere non sarà il parlamento e nemmeno il governo, non sarà il capo dello stato e nemmeno il consiglio supremo di difesa: a decidere sarà il popolo italiano. Se rimarrà passivo e inerte, gli F35 saranno costruiti e utilizzati, se si opporrà e rifiuterà di pagare con il propri denaro, gli F35 non saranno acquistati.

La scelta è nelle nostre mani.

Fino ad ora, dopo tanta disattenzione, si è riusciti a far diventare la questione F-35 una questione di interesse generale. Ritengo, tra l’altro, che la carta stampata abbia avuto, in questo processo di informazione-sensibilizzazione, un ruolo davvero centrale. Che altro si dovrebbe/potrebbe fare per riuscire ad ottenere qualche reale risultato?

L’informazione è importante, ma non e sufficiente. Dobbiamo anche essere coscienti che gli F35 sono solo un aspetto della questione più generale, che è quella del disarmo o meglio ancora del superamento della struttura militare, preposta alla preparazione della guerra. Il nostro obiettivo è quello del disarmo unilaterale: rinunciare noi per primi agli strumenti che rendono possibile la guerra: armi ed eserciti. Il cammino è lungo, ma è lo stesso che ci hanno insegnato i grandi maestri della nonviolenza da Tolstoj a Gandhi, da Martin Luther King ad Aldo Capitini. Il primo passo è quello di avere coscienza che ognuno di noi contribuisce al mantenimento della grande macchina bellica (ad esempio affidando i nostri risparmi a banche che li utilizzano per finanziare industrie militari, o votando partiti che sostengono i bilanci militari, ecc.) e quindi la scelta da fare è quella della non-collaborazione. La strada è lunga, ma noi dobbiamo lavorare per creare le condizioni affichè possa svilupparsi un grande movimento di rifiuto culturale e pratico della guerra e della sua preparazione (che oggi passa anche attraverso l’acquisto degli F35).

Certamente, la questione F-35 ha finito per attirare l’attenzione generale soprattutto per motivi di carattere economico. Quanto ritenete possibile, nel prossimo futuro, che si riesca davvero a realizzare la “rivoluzione contro la guerra” auspicata da Aldo Capitini?

La risposta ci viene dallo stesso Capitini che già nel 1936, prima del secondo conflitto mondiale, aveva profetizzato: “Tanto dilagheranno violenza e materialismo, che ne verrà stanchezza e disgusto; e dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione salirà l’ansia appassionata di sottrarre l’anima ad ogni collaborazione con quell’errore, e di instaurare subito, a cominciare dal proprio animo (che è il primo progresso), un nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore, senza un’apertura infinita dell’uno verso l’altro, senza una unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. Questo è il varco attuale della storia”. Poi sono venute altre guerre, tanto sangue versato, dalla Cambogia al Vietnam, dalla ex-Jugoslavia al Ruanda, dall’Iraq all’ Afghanistan….. non ci basta ancora?

Non esiste una via alla pace, dice Gandhi, la pace è la via. E la nonviolenza il nostro orizzonte.