Dall’inizio dell’anno 21 giornalisti e 6 cybernauti o cittadini-giornalisti sono stati uccisi, in particolare in zone di conflitto come la Somalia e la Siria.

L’organizzazione ha anche aggiornato la sua lista dei predatori della libertà di informazione, arrivata quest’anno a 41 membri. “I nostri crimini non devono avere testimoni”, “Nessun’altra voce che non sia la nostra”: queste sono le parole d’ordine dei regimi autoritari e dei gruppi armati ostili alla libertà d’informazione. Repressione dei movimenti di contestazione popolare in alcuni paesi del mondo arabo, strangolamento dell’opposizione politica, della denuncia e della critica in altre parti del globo. I primi quattro mesi dell’anno sono stati specialmente violenti per coloro la cui vocazione è informare.

**I nuovi predatori della libertà d’informazione**

Il primo trimestre ha dimostrato largamente che questi predatori, come BacharAl-Assad e alcune milizie somale potevano comportarsi come dei veri macellai.

Le rivolte popolari del 2011, se hanno fatto cadere alcuni dei dittatori che figuravano sulla lista come Mohammar Gheddafi in Libia e Ali Abdallah Saleh in Yemen, non sono purtroppo riuscite a diminuire il numero globaled i questi nemici dell’informazione. Sei nuovi predatori sono entrati in questo sinistro gruppo nel 2012: il gruppo islamico Boko Haram, che semina il terrore in Nigeria ; il Consiglio Supremo delle Forze Armate in Egitto che prende purtroppo il testimone del deposto presidente Mubarak in termini di attacco alla libertà d’informazione ; il Ministro dell’informazione, delle Poste e Telecomunicazioni del Governo federale di transizione in Somalia, responsabile di pressioni ed intimidazioni alla stampa; Vasif Talibov, onnipotente dirigente della regione di Nakhitchevan in Azerbaijan ; i servizi di intelligence in Pakistan ; infine Kim Jong-un, che perpetua la dinastia predatrice in Corea del Sud dopo la morte del padre, King Jong-il.

Da sottolineare la tendenza secondo la quale un numero crescente di paesi subisce la presenza di due predatori contemporaneamente. Sei Stati sono in questa condizione: La Somalia, dove il ministro dell’informazione del governo fa il paio con la milizia islamica Al-Shabaab ; il Pakistan, con i giornalisti bersaglio ora dei servizi ora dei talebani; l’Azerbaijan, dove Vasif Talibov, potente padrone della “Repubblica autonoma” del Nakhitchevan, ha trasformato il suo feudo in laboratorio di metodi di repressione già generalizzati dal presidente della repubblica, Ilham Aliev ; la Russia, dove Vladimir Putin e il suo “cane da guardia” Ramzan Kadyrov, violento presidente della repubblica di Cecenia, hanno in comune il gusto delle maniere forti e delle formule choc; i Territori Palestinesi dove i giornalisti subiscono la dura legge delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese e del governo di Hamas a Gaza; infine l’Iran dove la Guida suprema Khamenei e il presidente Ahmadinejad, nonostante la loro rivalità, si trovano perfettamente d’accordo sull’imbavagliare la stampa. La Repubblica Islamica è sempre, con Eritrea, Cina, Turchia e Siria una delle prime prigioni al mondo per i giornalisti.

Altri personaggi, come il presidente di Gibuti, Ismaïl Omar Guelleh, ma anche il Capo di Stato sudanese e ugandese, Omar el-Béchir et Yoweri Museveni, sono alle porte della lista dei predatori. Lo Yemen, che ha avuto un 2011 piuttosto complicato, resta sotto sorveglianza dopo l’uscita di scena di Ali Abdallah Saleh. In senso inverso il presidente birmano, Thein Sein, potrebbe rivelarsi nel 2012 come il presidente dell’apertura e della democratizzazione della Birmania ed essere dunque ritirato dalla lista.

Le FARC (Forze Armate rivoluzionarie della Colombia) sono state da tempo inserite nella lista insieme ad altri gruppi paramilitari di quel paese, alcuni dei quali restano nella lista. Indebolita, la guerriglia ha in effetti nettamente ridotto le sue azioni di rappresaglia contro I giornalisti da diverso tempo. Il nome delle FARC riappare nel contesto della recente sparizione del giornalista indipendente francese Roméo Langlois, il 28 aprile 2012, dopo un attacco dei ribelli contro un convoglio militare di cui il giornalista copriva l’operazione antidroga. La tesi del rapimento da parte delle FARC non è chiaramente confermata fino ad adesso.

In prima linea in questa faccenda, e con tuta la prudenza del caso, RSF approfitta di questa giornata mondiale per salutare il coraggio professionale di Roméo Langlois ed esprimere tutto il sostegno alla famiglia ed ai colleghi.

Vedi la lista completa dei predatori : [http://en.rsf.org/#trombiPredateur](http://en.rsf.org/#trombiPredateur)

**Vulnerabilità dei professionisti dell’immagine e dei cittadini-giornalisti**

I giornalisti indipendenti che sempre più numerosi coprono i conflitti hanno pagato un contributo pesante in questi primi quattro mesi dell’anno. RSF rende omaggio in modo particolare ai cittadini-giornalisti, ultimi baluardi della libertà d’informazione quando i loro governi si sforzano di reprimere al riparo degli sguardi esterni. Cameraman e fotografi figurano anch’essi tra i bersagli preferiti; i regimi repressivi conoscono fin troppo bene la potenza evocativa e informativa delle immagini.

Prendendo spunto dai cambiamenti generati dalla Primavera Araba, RSF ha deciso di accompagnare i nuovi governi nel loro cammino verso la democrazia. Dopo aver aperto un ufficio in Tunisia, l’organizzazione aprirà una rappresentanza in Libia per incoraggiare gli sforzi delle autorità a favore di una stampa libera e pluralista. Queste Primavere sono purtroppo lontane da aver mantenuto tutte le loro promesse. Dobbiamo restare vigili, da un lato, di fronte ai tentativi di manipolazione dei nuovi governi che vogliono far passare i movimenti di contestazione per “terroristi” e dall’altra, nei confronti delle tendenze liberticide di certi gruppi di protesta.

**Sicurezza dei giornalisti e testi internazionali**

Di fronte alla crescente insicurezza dei giornalisti RSF:

– invita la stampa a riflettere sulla protezione dei giornalisti freelaance locali a cui ricorre, come alle sue fonti di informazione e delle persone intervistate

– chiede agli Stati di tradurre in azioni efficaci le disposizioni internazionali relative alla protezione dei giornalisti. Una legge specifica va promulgata rispetto all’applicazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 1738, cinque anni dopo la sua adozione. Gli stati devono prendersi la loro responsabilità ed assumersi gli obblighi derivanti dai paragrafi 6 e 7 della risoluzione. Queste disposizioni prevedono obblighi di prevenzione e di repressione per mettere fine all’impunità relativa alle violazioni di diritti umani contro i giornalisti.

– richiede una revisione degli statuti della Corte Penale Internazionale in modo da definire quella categoria speciale di civili che sono i giornalisti; come è già definito nel caso del personale umanitario

– incoraggia gli Stati ad adottare con urgenza il piano d’azione e il progetto attuativo sulla sicurezza dei giornalisti e la questione dell’impunità elaborato dall’UNESCO nel marzo 2012.