**Intanto qual’è la situazione attuale dell’incidente?**

L’industria nucleare (la Tepco) si è sbracciata a dichiarare che tutto è sotto
controllo, ma non vi è nulla di più falso. I tre reattori danneggiati (per non
dire distrutti) e le piscine del combustibile irraggiato non possono essere
sotto controllo, basti pensare che dopo la fusione dei noccioli nell’Unità 1
il combustibile fuso in un magma tremendamente radioattivo ha perforato (per
la prima volta nella storia del nucleare) il vessel d’acciaio di contenimento
penetrando nel pavimento sottostante. Si tratta di un magma di combustibile fuso
assolutamente incontrollabile, la reazione a catena in generale è spenta, ma
avendo il magma perduto la simmetria è possibile che localmente si riformino
condizioni di criticità e la reazione riprenda temporaneamente.
Persiste il grave problema dell’acqua radioattiva con cui si continua a
raffreddare i reattori e fuoriesce per la rottura del vessel. Non è mai stato
fatto il punto in modo serio e generale sulla contaminazione del territorio nord
orientale del Giappone, la sua diffusione e la sua gravità, la contaminazione
del suolo e dei prodotti agricoli e alimentari. Per cui è difficile sia
prendere misure adeguate (che non sono state prese fin dall’inizio), sia fare
previsioni sulle conseguenze sanitarie dell’incidente, le quali sicuramente si
manifesteranno nei decenni a venire. Ricordiamo che l’incidente di Chernobyl
avvenne in una regione sostanzialmente agricola, mentre l’incidente di Fukushima
ha colpito una delle regioni più densamente popolate del mondo.

**Quali sono le prospettive a futuro per il Giappone?**

In Giappone si gioca oggi una partita decisiva non solo per il futuro del paese,
ma per il futuro del nucleare nel mondo. Si pensi che oggi dei 54 reattori
nucleari del Giappone solo 2 sono in funzione, tutti gli altri sono chiusi
per i test in corso dopo l’incidente, ed entro maggio saranno spenti anche
questi 2. In questa situazione non si segnalano particolari difficoltà gravi
nelle forniture di energia elettrica, il che significa che il Giappone può
benissimo fare a meno del nucleare. Su questo il paese è spaccato. Da un lato
vi sono fortissimi pressioni dell’industria nucleare e del potere politico per
riaprire i reattori, dall’altro è cresciuta nell’opinione pubblica l’opposizione
alla riapertura e sono nati forti movimenti, in un paese in cui questi non
esistevano. Si pensi che il Giappone è all’avanguardia nella tecnologia
fotovoltaica, che però ha applicato pochissimo nel paese, per cui avrebbe enormi
prospettive.
Se si vincerà la battaglia perché il Giappone non riprenda, e chiuda il
nucleare, sarà un duro colpo per le prospettive mondiali del nucleare, perché il
Giappone è il terzo paese dopo USA e Francia.
Anche noi in Italia dobbiamo impegnarci su questo fronte, e non cullarci
sull’onda del successo del referendum, sia perché il prossimo incidente grave
potrebbe avvenire nella vicina Francia, sia perché dobbiamo ancora risolvere la
pesante eredità dei nostri pur modesti programmi nucleari, chiusi ormai da un
quarto di secolo!

**La tecnologia nucleare è una tecnologia in stagnazione?**

Dopo gli incidenti di Harrisburg del 1979 e di Chernobyl del 1986 la produzione
di energia da fonte nucleare nel mondo è andata progressivamente rallentando
(da allora e imprese elettriche private degli USA non hanno più ordinato nuovi
reattori, e se ora un paio di reattori sembrano essere in costruzione non si
tratta certo del rilancio in grande stile che si preconizzava negli scorsi
anni), e dal 2009 mostra segnali di diminuzione, che dovrebbero accentuarsi per
il 2011 (non mi sembra che il consuntivo dell’anno sia ancora stato reso noto)
vista la chiusura di decine di reattori in Giappone.

La tecnologia nucleare è una tecnologia obsoleta, che non si è realmente
rinnovata (le tipologie dei reattori rimangono nella sostanza quelle degli
anni ’60, a parte miglioramenti evolutivi, mentre i cosiddetti reattori
innovativi di 4a generazione non sono stati realizzati nemmeno a livello di
prototipi e, se mai si riuscirà a realizzarli, se ne parlerà tra vari decenni,
quando anche l’uranio sarà prossimo all’esaurimento). E i costi del nucleare
sono assolutamente fuori mercato (e rincareranno per le misure che si impongono
dopo gli incidenti di Fukushima): il nucleare si regge economicamente solo
per le sovvenzioni e le facilitazioni degli Stati, e le limitazione delle
responsabilità e dei costi in caso di incidenti gravi. In Italia paghiamo circa
400 milioni all’anno nella bolletta elettrica per la gestione dell’eredità dei
modesti programmi nucleari chiusi dopo il referendum del 1987: un bell’affare,
non c’è che dire!

**Puoi spiegare meglio la relazione tra nucleare civile e militare?**

Questa relazione strettissima e ineliminabile è un fattore ulteriore di sgravi
occultati di costi dei programmi nucleari civili, scaricati surrettiziamente
sul settore militare (i cui bilanci sono sempre molto opachi). Questo è
particolarmente vero per la Francia, dove la scelta massiccia del nucleare
civile è un sottoprodotto ed una copertura della Force de Frappe.
Il dual-use è intrinseco, e ineliminabile, nella tecnologia nucleare, perché
militare e civile si basano sui medesimi processi di base (arricchimento
dell’uranio e produzione di plutonio nei reattori nucleari). Oggi i rischi
di proliferazione nucleare sono aumentati, perché la tecnologia è molto più
semplice e a portata di mano rispetto a 60 anni fa, si sono prodotte nel mondo
migliaia di tonnellate di materiali fissili militari. Basti l’esempio della
Corea del Nord che, a fronte dell’inadempimento degli impegni di aiuti che aveva
preso carter, nel 2003 decise di farsi la bomba, riattivò un piccolo reattore,
ne estrasse l’uranio, e appena tre anni solo esplose il primo test nucleare.
Non è diminuito il rischio di un olocausto nucleare, esistono ancora nel
mondo circa 20.000 testate intatte (anche se solo qualche migliaio schierate
operative), il processo di disarmo è praticamente in stallo, il trattato
che firmarono due anni fa Obama e Medvedev fu al ribasso, la minaccia delle
megalomani difese antimissile incombe, e gli Stati e i militari mostrano di
non volere privarsi dell’arma nucleare. Un allarme preoccupante è venuto dal
prestigioso Bulletin of the Atomic Scientists che il 10 gennaio scorso a
spostato di un minuto in avanti l’Atomic Clock verso la fatidica mezzanotte
dell’olocausto nucleare (due anni fa lo aveva invece portato indietro di
un minuto, ma ora riconosce che non vi è l’intenzione di eliminare le armi
nucleari, e vi sono invece segnali che fanno pensare che vi sia l’intenzione
di usarle: si pensi al tragico pericolo di un folle attacco di israele agli
impianti dell’Iran).

**Come si possono risolvere le esigenze energetiche del pianeta nei
prossimi anni secondo te?**

In primo luogo abbassando le nostre esigenze energetiche, nei paesi ricchi, e indirizzandole
diversamente nei paesi poveri, sottraendole comunque alla logica del profitto e indirizzandole
verso strutture sociali e stili di vita sostenibili: non si tratta di “tornare alla candela”, di peggiorare
la nostra vita, tutto il contrario. Oggi viviamo al di sopra delle possibilità del Pianeta, con stili
di vita artificiali, che non solo distruggono la natura e le risorse, ma ci hanno allontanato dalla
natura, dai suoi ritmi, da stili di vita sani. Ogni volta che esco in strada mi stupisco come la
gente non si senta ridicola spostandosi e passando gran parte del tempo rinchiusa in una scatola
di metallo, spesso intrappolata nel traffico. Cambiare le nostre scale di valori – essere invece di
avere – è fondamentale per non soccombere alla nostra stessa “civilizzazione”, che a ben vedere
è solo la retorica che copre e legittima il profitto. Del retso, lasciami dire che ci hanno prospettato
per decenni un avvenire luminoso grazie alle meraviglie della scienza e della tecnica, il mito del
progresso, e il mondo sta affrontando una crisi epocale, da tutti i punti di vista, lasciando ai giovani
prospettive a dir poco fosche!
Il risparmio di energia fa parte di queste considerazioni (ci sono colossali sprechi, basti pensare ai

negozi che d’inverno tengono le porte spalancate, ma è solo un esempio), ma la prospettiva è molto
più generale.
Ovviamente nuovi stili di vita sostenibili devono basarsi sullo sviluppo delle fonti rinnovabili di
energia, realizzate però anch’esse in modo sostenibile, perché oggi la logica del profitto porta a
distorsioni pericolosissime (come i campi fotovoltaici su terreni agricoli). Vi sono esempi di città
energeticamente autosufficienti, in cui si circola solo in bici o con mezzi
pubblici. È una strada non solo percorribile, ma necessaria se l’umanità vuole avere una prospettiva
per la propria sopravvivenza.

[Il Rapporto sullo stato dell’incidente](http://www.fisicamente.net/SCI_SOC/index-1916.htm)