A nulla è servito il ricorso presentato al Consiglio Costituzionale dal presidente in carica Wade per “forzare” i risultati del primo turno elettorale dello scorso febbraio eliminando il ricorso al ballottaggio.

Occorre segnalare che i risultati ufficiali raccolti ad oggi (ore 13.31) riguardano lo scrutinio effettivo del 16,3% di tutti i seggi nel paese (2052 su 12555), una lentezza disarmante a fronte di tutti i soldi spesi per “informatizzare” il sistema elettorale investiti negli ultimi sette anni in Senegal. La Commissione elettorale ha indetto il ballottaggio basandosi su dati assolutamente provvisori e incompleti. Tanti senegalesi restano ancora convinti che se si fosse completato lo scrutinio Wade sarebbe stato eliminato già al primo turno.

Macky Sall, leader del Partito Apr (alleanza per la repubblica) ha ricevuto negli ultimi giorni il sostegno di quasi tutti gli altri 12 candidati alle elezioni presidenziali, compattando di fatto il fronte dell’opposizione. Al ballottaggio si presenterà con il sostegno della maggioranza dei movimenti e delle associazioni che animano la società civile senegalese.

In più alcuni membri dell’attuale governo stanno abbandonando il “Titanic” di Wade cercando di negoziare un futuro nel prossimo assetto politico.

La crisi profonda del partito al governo è evidente. Wade appare sempre più solo e prossimo alla sconfitta. In un tentativo disperato è stato sollecitato l’appoggio al ballottaggio della confrerie mussulmana più influente del Senegal, i Mourid. La loro guida religiosa più importante si è defilata dall’invito, lasciando a guide secondarie dei Mourid l’incarico di mobilitare i fedeli a fare quadrato attorno a Wade. Questa operazione è stata duramente criticata dai senegalesi che intravedono un ulteriore indicatore di estrema fragilità e debolezza del presidente Wade.